“Erodoto
doveva per forza essere una persona serena, rilassata e cordiale:
è solo a questo tipo di persone che gli estranei svelano
i propri segreti. Le nature chiuse, ombrose e introverse, anziché
indurre il prossimo a confidarsi, suscitano il timore e la voglia
di scappare.”
È il 1956 e Kapuscinsky è un giovane reporter
polacco con un grande desiderio, quello di varcare un confine,
non un confine importante, ma un confine qualsiasi, per attraversare
quelle linee reali quanto immaginarie che dividono i popoli.
Viene accontentato dalla sua caporedattrice allo Sztandar Mlodych
che lo manda in India affinché con i suoi reportage favorisca
i legami fra i due paesi; come regalo, prima di partite, gli
da una copia delle Storie di Erodoto, un libro tanto difficile
da trovare nel suo paese. Da lì inizia la carriera di
reporter del giovane Kapuscinsky che lo porterà in giro
per il mondo: Africa, Egitto e Iran per ripiegare ancora sull'Africa
e che lo farà diventare uno dei più grandi reporter
contemporanei. Questo libro è una raccolta di memorie
del pellegrinare del giornalista in giro per il mondo. In tutto
il suo lavoro, fatto di difficili interpretazioni di realtà
apparentemente complesse, il filo conduttore è rappresentato
da quel libro che lo ha accompagnato fin dall’inizio della
sua carriera. Così Erodoto viene presentato non solo
come storico, ma anche come compagno di viaggio, grande insegnante,
antropologo ed etnografo, ma soprattutto come grande reporter
in quanto fu sempre a contatto con gli avvenimenti della realtà.
Erodoto lo accompagna e ci accompagna nel viaggio all'interno
di una storia presente legandola con il passato e con un vissuto
umano storico. Nato a Pinsk in Polonia oggi Bielorussia, cresciuto
in un crocevia di culture e razze, che ha in qualche modo influenzato
il suo punto di vista senza pregiudizi, Kapuscinsky, con l'umiltà
di chi ha conosciuto popoli differenti e differenti culture,
cerca di esprimere che oltre alla percezione della storia legata
al proprio luogo d’origine e quindi ai campanilismi locali,
ne esiste un’altra legata al tempo in cui viviamo, alla
storia di tante altre realtà differenti ma non per questo
meno importanti. Pazientemente Kapuscinsky riallaccia quei legami
fra storia e realtà geografiche in un senso di continuità
che spesso ci sfugge, nel recupero della memoria che il più
delle volte viene perduta. Il passato con i suoi legami e con
i suoi insegnamenti sopravvive nel presente più improbabile
e congiunge così le due dimensioni del suo personale
viaggio: quella spaziale, fatta di frontiere da varcare, e quella
temporale nella storia, facendo della realtà il frutto
di entrambi gli approfondimenti. Il viaggio vero quindi non
inizia nel momento in cui partiamo né finisce quando
raggiungiamo la meta; il viaggio inizia nella ricerca di quello
che c’era e di un poi che è ancora prima presente.
In questo libro, dove il racconto biografico si fonde con il
giornalismo e con l'attualità degli scritti di Erodoto,
capostipite dei i cronisti della storia, questo libro riallaccia
i contatti con la nostra identità soprattutto umana.
Un paio di scarpe rotte sulla copertina potrebbe simboleggiare
quella povertà, quella miseria che accomuna tutti i popoli
nei momenti di disperazione, di fame e povertà intese
come mancanza di quello che per altri è normale o superfluo.
Un libro che ci parla di quando non avevamo paura di chi non
conoscevamo, un libro che insegna l'umiltà di sentirsi
uomini tra uomini. Come faceva Erodoto ai suoi tempi, è
possibile osservare, attraverso le pagine di Kapuscinsky, una
cultura dal suo interno, nel quotidiano contatto tra la gente
comune, cercando di non guardare tutto sotto il punto di vista
occidentale, ma valutando le stesse differenze culturali come
valori aggiuntivi. Libro bellissimo, parabola del viaggio e
delle sue liturgie, che porta a cercare, oltre quello che vediamo,
i segni di un passato che a volte non si vuole vedere, aneddoti
ed avventure scritti in uno stile leggero e semplice senza mai
perdere il contatto con la serietà degli argomenti.
“Non
ci sono cinici tra i veri inviati, perché il cinico non
è adatto ad un mestiere che non può esercitarsi
senza calore umano, simpatia per la gente.”
[simonetta
cestarelli]
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Cittadino
del mondo e tenace portavoce delle minoranze, sostenitore
dell'importanza della condivisione, Kapuscinsky ha cercato
sempre di comprendere la realtà interiore di qualsiasi
posto in cui gli avvenimenti storici lo hanno portato.
Nasce a Pinsk, in Polonia orientale, oggi Bielorussia,
il 4 marzo 1932, si laurea all’università
di Varsavia e lavora fino al 1981 come corrispondente
estero dell’agenzia di stampa polacca Pap. Giornalista
di grande rilievo e reporter per quarantasette anni in
moltissimi paesi del mondo dall’Asia all’Africa,
dall’America Latina all’ex impero sovietico,
Kapuscinsky ha raccolto testimonianze del suo lavoro nei
suoi libri tradotti in oltre trenta lingue. Famoso per
la sensibilità che lo ha sempre accompagnato, nella
sua vita di giornalista quanto in quella di scrittore
ha saputo unire le capacità di osservatore dall'interno
dei fatti quanto le sue possibilità narrative che
gli hanno fatto scrivere dei reportage divenuti poi degli
modelli unici di giornalismo letterario. Tra le sue opere
nella traduzione italiana possiamo trovare: Il
Negus. Splendori e miserie di un autocrate (1983);
Imperium (1994), reportage
sull'impero sovietico e il suo disfacimento; Lapidarium
(1997), insieme di meditazioni che prendono spunto da
letture, viaggi, frammenti di diario di eventi storici;
Ebano (1998), reportage nel
quale racconta l’esperienza di inviato nei paesi
africani. Nel 2000 pubblica Il cinico
non è adatto a questo mestiere, mentre
parla dell’Iran in Shah-in-shah (2001).
In viaggio con Erodoto (2005)
invece racconta di come ha iniziato a fare il giornalista
e del suo incontro con Erodoto, lo storico che per lui
è il primo reporter della storia. |
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