L'infinito viaggiare
Titolo originale
L'infinito viaggiare
Autore
Claudio Magris
Anno
2005
Editore
Mondadori
Per me scrivere al computer è innaturale. Io uso ancora la penna. La penna segue il corso del pensiero, che scorre fisicamente attraverso la mano con una sua armonia. Battere sui tasti del computer invece è come pensare una parola alla volta, per me è come parlare in inglese, invece che in italiano, tedesco o francese, lingue in cui il mio pensiero scorre senza pensare a quello che dirò fra poco”. Così parla Claudio Magris del suo modo di scrivere in una recente intervista ed in queste poche parole si può intuire il rapporto che l’autore ha con lo scrivere e con il raccontare i suoi viaggi. Uscito da poco, questo libro si aggiunge agli altri da lui scritti come cronache di viaggi, (“Danubio” per citarne uno), ma a differenza dei precedenti scritti, organizzati nella narrazione in modo continuo, quest’ultimo è frammentato in un insieme di racconti che ci accompagnano in una serie di piccoli viaggi dal 1981 al 2004 tra l’Europa e il resto del mondo. I racconti, che sono tenuti insieme da una splendida prefazione di ventotto pagine che è parte integrante ed irrinunciabile di tutto il libro, li riunisce e li contiene attraverso una riflessione ragionata dell’autore, e da essa scaturiscono tutte le tematiche che il viaggiare evoca nell’autore e che lui condivide e comunica con il lettore. In quelle ventotto pagine c’è quello che rimane dopo un qualsiasi viaggio, dovunque esso sia: non le immagini quanto le emozioni, i ricordi le riflessioni, qualcosa che emerge dallo scrivere e scaturisce da ciò che si è appena notato. Magris affronta la tematica dello scrivere e del trasferire le parole sulla carta, il nesso fra le parole e ciò che si e’ visto. La riflessione dell’autore si concentra quindi sul viaggio e sul significato del viaggiare, sul vivere inteso come viaggio continuo, come quello intrapreso nell’ “Ulisse” di James Joyce, un viaggio per conoscere se stessi per poi tornare a casa, ma anche un viaggio in linea retta, una specie di fuga, un essere qualcosa e attraverso il viaggio diventarne un’altra, nascere come nuova entità disgregandone una precedente, come in Nietzche.
Magris prende in considerazione le nostre sicurezze che a poco a poco attraverso il viaggio vengono messe in dubbio: l’appartenenza ad un posto, la consapevolezza della precarietà, l’incontro con le frontiere, sia politiche che culturali ed ideologiche, ma soprattutto frontiere che sbarrano la strada a noi stessi. Il viaggio dunque come conoscenza di sé, delle nostre paure, dei nostri limiti; viaggio come comprensione delle nostre culture e delle culture degli altri; viaggio nello spazio che diventa inevitabilmente un percorso attraverso il tempo; viaggio come vagabondaggio e ricerca di libertà; viaggio come confronto con l’ignoto, l’ignoto oggettivo delle cose non viste e l’ignoto dentro di noi; viaggio inteso come un prendere tempo da un vivere incalzante; viaggio come ritorno per apprezzare ancora di più ciò che abbiamo lasciato. Viaggio inteso come conoscere e riconoscersi. La lettura di questo libro, parlando di tanti piccoli possibili viaggi, ci guida attraverso la storia, la conoscenza, la cultura, la consapevolezza, ma soprattutto attraverso il fascino dell’infinito viaggiare.
[simonetta cestarelli]
Claudio Magris, nasce a Trieste nel 1939 e si laurea a Torino dove è stato ordinario di Lingua e Letteratura tedesca dal 1970 al 1978. Attualmente è docente alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trieste. A Trieste, città multi culturale e mitteleuropea, lega anche parte della sua formazione personale e culturale. È infatti in questa città di confine e di contraddizioni che Magris vive e scrive. Magris è uno degli intellettuali più fecondi e sensibili presenti nel nostro panorama letterario, non è solo uno studioso preparato e attento, di grandissimo spessore culturale, ma un uomo dalla grande umanità, una grande personalità di uomo di lettere che traspare nei suoi scritti. A lui dobbiamo alcuni dei libri più belli pubblicati in Italia. Ha tradotto Ibsen, Kleist e Schintzler; ha pubblicato numerosi saggi fra cui Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna (Torino 1963), Wilhelm Heinse (Trieste 1968), Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale (Torino 1971), Dietro le parole (Milano 1978), Itaca e oltre (Milano 1982), Trieste. Un’identità di frontiera (in collaborazione con Angelo Ara, Torino 1982), L’anello di Clarisse (Torino 1984), Illazioni su una sciabola (Pordenone 1986), il testo teatrale Stadelmann (1988) Un altro mare (1991) Microcosmi, con cui ha vinto il Premio Strega 1998. Nel 2001 pubblica per Garzanti Utopia e disincanto.