Morganti
editori apre la collana di romanzi ‘le Grandi Parodie’
con Il Codice Gianduiotto, uno spassoso e colto divertissement
che fa il verso al Codice da Vinci di Dan Brown.
L’operazione dell’Autore non è stata la mera
riscrittura del romanzo in chiave scherzosa, ma una colta interpretazione
di quegli argomenti che hanno decretato il successo mondiale
dell’opera di Dan Brown: la cultura esoterica e il personaggio
mutuato dalla storia e dall’Arte che è Leonardo
da Vinci sono state mantenute, ma adattate in modo assolutamente
originale e verosimile al soggetto della parodia, il gianduiotto.
Il tempo della narrazione è il quello dei nostri giorni.
Quindi, tutti i personaggi degli eventi raccontati sono contemporanei
al lettore, che può riconoscere facilmente le doti, i
vizi, le idiosincrasie e le virtù proprie e dei suoi
contemporanei.
Il teatro della scena, con uno scrittore che ama il Piemonte
e la sua gente, non poteva che essere questo, a conferma dell’assoluta
tipicità del protagonista del romanzo, il Gianduiotto.
Vi è poi una nutrita serie di personaggi attinti dalla
Storia, che vengono catapultati sulla scena per tessere una
trama attorno al Codice Gianduiotto, che è straordinariamente
verosimile, nel senso che saranno in molti a chiedersi se realmente
Leonardo da Vinci e la Gioconda hanno a che vedere con questo
cioccolatino. Tutti, protagonisti, co-protagonisti e comparse,
sono surreali, non tanto per il carattere, quanto per le azioni
che compiono in un contesto a metà strada tra reale,
magico e romanzato. Come nella Commedia dell’Arte, i personaggi
entrano in scena, si presentano, interagiscono, spariscono,
riappaiono, si cercano gli uni con gli altri, si scontrano e
s’incontrano.
Il romanzo, che con cognizione definisco per struttura un ‘thriller
gastronomico al cioccolato gianduia’ (quindi assai coinvolgente),
per essere una parodia termina felicemente: l’ingegno
dei protagonisti è premiato, arriveranno, passo dopo
passo, tassello dopo tassello, acronimo, anagramma, codice permettendo,
alla meta, alla decifrazione del Codice e quindi alla ricetta
del gianduiotto ‘leonardesco’, celato per secoli
dietro la tavola di legno di pioppo su cui è dipinta
la Gioconda.
Quel che segue è un’esemplificazione della storia.
L’esordio narrativo avviene nel deposito dei carri di
carnevale allestito a Gassino negli spazi delle industrie del
mobile Purgatorio e Paradiso del commendator Gerolamo Cocchi.
Lui veste i panni anche del temuto Filippo Trigliaverde, Gran
Maestro della confraternita delle Merendine, acerrimo nemico
dei membri e adepti della Confraternita del Gianduiotto, perché
quest’ultima gli mette i bastoni tra le ruote bloccando
la produzione e la commercializzazione di prodotti dolciari
sofisticati.
La Confraternita del Gianduiotto, che ha in Alessandro Luserna
di Rorà il suo Gran Maestro, è impegnata a diffondere
la politica dell’impiego di materie prime certificate
naturali per la produzione tradizionale di cioccolato. La lotta
tra sofisticazione e la genuinità dura da 26 anni e l’esito
è ancora incerto. Soprattutto adesso, che il Gran Maestro
della Confraternita del Gianduiotto è stato trovato morto
nel deposito dei carri di carnevale, vicino al carro allegorico
che rappresenta la vittoria del Gianduiotto sulle Merendine.
Prima di morire per indigestione, Luserna di Rorà, ovvero
il depositario delle informazioni utili a giungere al Codice
gianduiotto, allestisce una messinscena ricalcando il disegno
dell’Uomo Vitruviano di Leonardo, in modo da inviare dei
messaggi in codice a una sua allieva, esperta di semiologia
e simbologia, Simonetta Papadopulo, e al maggiore esperto di
gianduiotti al mondo, il professor Gerard Pernigòt,.
Lo scopo è di condurli al Codice in modo che questo non
giunga mai nelle mani della Confraternita delle Merendine.
Gerard Pernigòt viene ritenuto responsabile della morte
del Gran Maestro perché vicino al corpo le forze dell’ordine
trovano un messaggio in cui viene fatto il suo nome. Il messaggio
è in dialetto piemontese: ‘Cerea Monsù Pernigòt’.
Ma questo, che sembra un semplice saluto, nasconde invece acronimi,
codici e il numero straordinario ‘Phi’, che richiama
la perfezione delle cose della natura, quindi anche del gianduiotto.
Parodiando il ‘Codice da Vinci’, non potevano mancare
i tutori dell’ordine, l’ispettore Angelo Amorevoli
e il commissario Masserizie, qui alquanto originali e indaffarati
in più di un mestiere, che sprecano energie e tempo investigando
sull’innocente esperto di gianduiotti che se la da a gambe
tra il Piemonte e la Francia assieme all’esperta semiologa.
Non manca l’alter ego del malvagio albino Silas, qui invece
trasformato nell’esilarante nano Hans Peter Guttalax,
che cerca di riscattarsi socialmente mettendosi al servizio
dei ‘cattivi’, che lo mandano in missione alla ricerca
del barattolo di Spic & Span, la ‘chiave di volta’
gambarottiana che contiene il tassello mancante per decifrare
il mistero del Codice Gianduiotto: il ritratto della Gioconda
che Leonardo non volle consegnare al committente dichiarandola
non finita, altro non è che il ritratto di Maddalena,
la domestica del grande artista rinascimentale.
Questa lavorava precedentemente con Cristoforo Colombo, che
fu colui che portò dalle Americhe le prime fave di cacao.
Non sapendo cosa farne, il grande navigatore le fa avere, tramite
la domestica, al Genio toscano, dicendogli che se non riusciva
a ricavarne qualcosa lui, non ci sarebbe riuscito nessun altro.
E Leonardo, neanche a dirlo, accettò la sfida e creò
il ‘gianduiotto leonardesco’.
Nel frattempo, Maddalena curava le faccende di casa, ma spesso,
in un complice gioco di sostituzioni di ruoli con il genio un
po’ bizzarro, si sostituiva a Leonardo nella realizzazione
delle opere d’arte commissionate, permettendo all’artista
di dedicarsi alla casa e alla cucina; in tal modo, mentre lei
dipinge il Cenacolo travestita per non essere sorpresa dai frati,
Leonardo, primo fautore del Culto della casalinga (che professa
la supremazia del femminino sacro) crea il primo gianduiotto.
Il rapporto tra i due sfocia in un matrimonio segretissimo,
che darà i suoi frutti in una discendenza tutta al femminile.
Il sangue di Leonardo e Maddalena, in un colpo di scena degno
dello Scrittore, scorre anche nelle vene dell’allieva
del Gran Maestro della Confraternita del Gianduiotto, la dinamica
e giunonica Simonetta Papadopulo, Simopapa per gli amici.
Qual è l’epilogo? Gerad Pernigòt sposerà
Simopapa e con maestro cioccolatiere Leonardo Doyen, aprirà
una straordinaria cioccolateria, dove produrranno e commercializzeranno
il gianduiotto tanto cercato, il gianduiotto che è un
‘Graal gastronomico’, in cui si sposa al genio la
dedizione alle arti culinarie, la bontà alla creatività,
il maschile al femminile. Il bello è che, alla fine del
libro, ci si crede.
Il libro
esce in collaborazione con l’azienda Pernigotti.
(240 pagine, prezzo di copertina: 16,00 euro)
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La
recensione |
Sulla
scia del successo del libro di Dan Brown, Bruno Gambarotta ci
propone una versione nostrana del famoso thriller, ambientata
nella sua terra d’origine: il Piemonte.
Una parodia de Il Codice da Vinci
con al posto del Santo Graal la formula segreta per fare il gianduiotto.
La trama ripercorre tout court, con le dovute varianti “golose”,
le vicende dei protagonisti del best-seller americano, in gara,
questa volta, per la decifrazione del Codice in grado di svelare
la ricetta 'leonardesca' del gianduiotto, celata per secoli dietro
la tavola di legno su cui è dipinta la Gioconda.
A contrapporsi vi sono due confraternite con alla base opposte
filosofie per la produzione di cioccolato: da un lato la sofisticazione
delle materie prime, dall’altro la genuinità degli
ingredienti.
La partita è giocata tra i Gran Maestri, Alessandro Luserna
di Rorà della Confraternita del Gianduiotto e Filippo Trigliaverde
della Confraternita delle Merendine, entrambi interessati a trovare
il codice ma per motivi diversi, il primo per metterlo alla base
della sua ricetta, il secondo, invece, per distruggerlo.
Intorno ai protagonisti principali, il professor Gerard Pernigòt,
maggiore esperto di gianduiotti al mondo, e la specialista di
semiologia e simbologia, Simonetta Papadopulo, si muovono tutta
una serie di personaggi che fanno il verso a quelli dell’opera
originaria, come l'alter ego del malvagio albino Silas, trasformato
nel nano Hans Peter Guttalax.
Chiaramente ispirato e voluto dalla storica azienda Pernigotti,
leader nella produzione di gianduiotti, che compare con il suo
logo sulla copertina del libro, il racconto, surreale e rocambolesco,
è ambientato nell’epoca attuale con espliciti riferimenti,
ad esempio, a “Striscia la notizia” e alle insistenti
e onnipresenti televendite, caratteristiche dei nostri tempi.
Di thriller rimane ben poco, tutto è già conosciuto
e la storia punta sulle battute e sulle scenette comiche, ma l’intento
non riesce.
La trama scorre lenta e noiosa senza alcuna trovata efficace e
brillante. L’originalità sta tutta, e soltanto, nell’aver
avuto l’idea di sostituire un tema goloso a quello esoterico
- religioso del romanzo su cui si basa.
Gambarotta risulta quasi forzato e poco convincente nella sua
presa in giro del testo di Dan Brown. La ricostruzione caricaturale,
resa in modo troppo semplicistico e scontato, come nel caso del
barattolo di Spic & Spanc che diventa la 'chiave di volta'
contenente l’ultimo tassello per decifrare il mistero del
Codice Gianduiotto, lungi dall’essere spiritosa e divertente,
risulta insipida e stucchevole, contrariamente al gustoso cioccolato
che fa da cornice e da spunto al testo.
Sul Codice da Vinci si è scritto di tutto ormai, sotto
ogni punto di vista, a volte senza neanche aver niente di interessante
da dire, volendo soltanto sfruttare al massimo l’onda della
sua celebrità. Forse è ora di passare ad altro.
[vanessa
menicucci]
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