Hotel Angleterre
Titolo originale
id.
Autore
Nico Orengo
Anno
2007
Editore
Einaudi

“Puskin si faceva distrarre, come sempre, continuamente, dalla vita.”

Nico Orengo questa volta si cimenta in un “giallo letterario”. Durante un suo viaggio nella Grande Madre Russia, in visita alla casa di Puskin, viene a conoscenza della scomparsa di una penna, regalo di Goethe a Puskin. Questo stuzzica la fantasia dello scrittore piemontese e inizia così la sua spasmodica ricerca del dono sparito, che attesterebbe una amicizia, una frequentazione, o forse solo una ammirazione del grande tedesco verso il grande russo. Ricerca di un appassionato bibliografo, che si perde tra volumi persi e ritrovati, tra richieste fatte ad amici letterati, giornalisti, docenti universitari. Ma questa indagine sembrerebbe solo un artificio letterario. Un motivo per dirci qualcosa di più su Puskin, un pretesto per raccontarci qualcosa sulla famiglia di origine di Orengo, i Tallevic, “russi di Sanremo”. Troviamo delle pagine gradevoli, ma si sa i racconti delle nonne davanti al camino sono quasi sempre un colpo riuscito, soprattutto se si possiede il dono della buona scrittura, e Orengo ce l’ha. Però non basta. La storia della penna è debole, non regge, le pagine che si riferiscono alla soluzione di questo mistero sono piatte, senza mordente, insomma un grande sonno. Ma poi appare Puskin con il suo privato e ci salva dalla narcosi della lettura. Il libro prende corpo, si fa interessante, appare un po’ di sostanza insomma quando ci racconta parti della vita privata del poeta, che come si sa fu tutt’altro che noiosa.
Dalla descrizione di Natal’ja, moglie anaffettiva e frivola del poeta, ai balli, feste di corte, amori e innamoramenti fatui, passioni e un grande orgoglio e senso dell’onore che portarono il russo a morire in un duello, l’ultimo dei suoi ventisei. Le ultime ore della vita di Puskin, ferito mortalmente, vengono narrate attraverso la lettera che Zukovskij, amico fraterno del poeta, invia al padre. Si svela il lato più umano dela sua vita, le sue paure ma anche la sua risolutezza, la riappacificazione con lo zar, un nuovo affetto verso la moglie e tutto l’amore verso i figli. Siamo trasportati dall’emozione, anche noi lettori ci troviamo al suo capezzale, aspettando la fine, con lui. E poi la fatidica ora arriva così come arriva la fine del libro e non ci ricordiamo più come è cominciato, la penna un vago e lontanissimo ricordo.
Ci rimane Puskin, la sua vita, le sue opere, il tragico e toccante momento della sua fine, e allora capiamo perché lo abbiamo letto questo libro, perché ci ha parlato di lui, della sua vita eccitante, dei suo romanzi appassionanti, della sua lirica sublime. Vogliamo credere che anche Nico Orengo scrivendo questo romanzo abbia avuto questo fine, omaggiare un vero grande della letteratura.
[francesca bompadre]

 


Nico Orengo è nato a Torino, dove vive e lavora. Presso Einaudi ha pubblicato Ribes, Miramare, Le rose di Evita, L'allodola e il cinghiale, Figura gigante, La guerra del basilico, L'autunno della signora Waal, Dogana d'amore, Il salto dell'acciuga, L'ospite celeste, Gli spiccioli di Montale, La curva del Latte, L'intagliatore di noccioli di pesca, Di viole e liquirizia, Hotel Angleterre e Chi è di scena! (anche in versione inglese, Take the Stage!). Tra le sue raccolte di poesia, Cartoline di mare vecchie e nuove, Narcisi d'amore e Spiaggia, sdraio e solleone. Inoltre ha curato per «Einaudi Stile libero» il libro di Antonio Ricci Striscia la tivù e tradotto La morte malinconica del bambino ostrica e altre storie di Tim Burton.