“Per
quarantadue anni Lewis e Benjamin Jones dormirono l'uno accanto
all'altro nel letto dei genitori, nella loro fattoria chiamata
La Visione. [...] Una delle finestre [della stanza] si apriva
sui verdi campi dell'Inghilterra; l'altra era rivolta al Galles,
e al di là di una macchia di larici guardava la Collina
Nera...”
Chatwin,
grande viaggiatore, in questo romanzo, il terzo per l'esattezza,
propone una nuova elaborazione del tema della lontananza intesa
non come distanza spaziale, e quindi viaggio, ma come distanza
temporale, mostrando il modo in cui nei confini di un piccolo
spazio si può vivere distanti dal resto del mondo. A
differenza degli altri suoi libri, dove racconta di viaggi in
posti esotici, in questo romanzo descrive la vita di chi non
ha mai viaggiato, nel tentativo di raccontare dell’importante
viaggio che in realtà non è che la vita stessa.
Sulla collina nera è un
romanzo che coinvolge il lettore nella vita dei gemelli Jones:
Benjamin e Lewis, che vivono nella fattoria La Visione al limite
fra l’Inghilterra e il Galles. Il confine geografico delle
due regioni passa proprio all’interno della fattoria,
per la precisione sulla scala. La città più vicina
è Rhulen, dove si svolge la vita sociale dei protagonisti,
con la chiesa, il pub e la stazione; più in là
è situato Hereford, il posto oltre il quale i Jones non
sono mai andati. I due gemelli sono identici, i loro personaggi
possono essere considerati un’unica entità funzionale
all’interno del romanzo ed un’unica presenza; il
loro essere doppi, che è quasi un limite della vita reale,
li rende vulnerabili e complessi, dipendenti l'uno dall'altro
quanto differenti. Il racconto si snoda unicamente nell’intreccio
della vita dei due protagonisti, dunque sullo sfondo di una
campagna gallese immobile e solitaria, scandita dalle emozioni
che si appoggiano su un vissuto dai ritmi sempre uguali. All'interno
del cerchio della loro esistenza piena di eventi a volte violenti,
si percepisce solo l'eco della vita del mondo: due guerre mondiali,
l'arruolamento ed una modernità che avanza e che sembra
non toccarli se non di riflesso, trincerati come sono all’interno
del proprio confine da non oltrepassare. Benjamin e Lewis, ingenui,
carichi di una innocenza quasi infantile, legati alla loro terra,
sono tenacemente aggrappati ai ricordi, rappresentati in quelle
piccole cose di tutti i giorni che scandiscono il trascorrere
del tempo. Due esistenze fuse in una sola che, se vengono momentaneamente
separate dalla morte, tendono a ricongiungersi anche materialmente
nell’unica lapide sopra le loro tombe. Un romanzo popolato
da molti altri personaggi che comunque rimangono comparse, la
cui vita acquisisce gli spazi del tempo in cui si svolge tutta
la vicenda. In tutto il romanzo si percepisce un senso di tristezza
ed il tentativo di dilatare il tempo della vita che per quanto
lunga sembra comunque sfuggire dalle mani. Chatwin non delude
neppure in questo soggetto distante dai suoi romanzi precedenti,
paradosso del viaggio inteso in senso proprio, scritto con il
suo stile rapido e piacevole che si contrappone alla lentezza
della storia. Nell’intreccio della narrazione l’autore
ci regala momenti di autobiografia accennata e l’intensità
di emozioni tipiche del suo modo di scrivere.
[simonetta
cestarelli]
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Bruce
Chatwin è nato nello Yorkshire, a Sheffield, nel
1940. Ha frequentato il college nello Wiltshire. Ha lavorato
per la famosa casa d'aste londinese Sothesby, esperto
impressionista prima e quindi giovane direttore. Lasciò
Sothesby per un problema agli occhi e si interessò
quindi di archeologia iscrivendosi all'università
di Edimburgo. Lavorò in Afghanistan e Africa e
nel 1973 fu assunto dal “Sunday Times Magazine”
come consulente di arte e architettura e iniziò
a viaggiare. Partì per la Patagonia licenziandosi
dal Sunday Times con un semplice telegramma che riportava
il seguente messaggio: “sono in Patagonia”.
Il frutto di questo viaggio è il libro In Patagonia.
Al suo primo libro seguirono Il
viceré di Ouidah (1980); Sulla
collina nera (1982), Ritorno
in Patagonia (1985), Le vie
dei canti (1987), Utz
(1988). Sono stati pubblicati postumi Che
ci faccio qui? (1989), L'occhio
assoluto (1993) ed Anatomia
dell'irrequietezza (1996).
Personalità emblematica, uomo affascinante, bello
ed intelligente, Chatwin è stato il simbolo del
desiderio dell'uomo occidentale di fuga e di evasione
dal quotidiano, nella continua ricerca delle proprie radici.
Famosi sono i suoi taccuini di viaggio, i Moleskine, quadernetti
con la copertina nera in cui annotava pensieri, riflessioni
e avvenimenti. Muore a Nizza nel 1988, a soli 48 anni,
di AIDS. |
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