“All’interno di collegiali ambienti dal decadente ed eccentrico fascino, la libertina-criminale-esteta quattordicenne Desdemona, in compagnia delle altrettanto perverse e licenziose coetanee Cassandra e Animone, si sollazza tra orge e delitti, bevendo l’allucinatorio cocktail Reietto, e divertendosi a drogare talune vittime iniettandogli nei globi oculari il potente Acido Viperinico Liquido. Tali imprese crudelmente voluttuose si compiono sotto il nome del Manifesto Delle Spietate Ninfette, di cui fanno parte le tre feroci e lussuriose fanciulle, abitanti insieme la Stanza Furente, e dedite al massacro di ogni purezza. Le integerrime collegiali, le malfatte istitutrici Polissena e Pelopia, l’altera direttrice Andromaca, la burrosa insegnante Giocasta, il consorte custode Agamennone, i dotati diciottenni Creonte e Minosse che frequentano il conservatorio poco distante, tutti sono in ostaggio delle Spietate Ninfette che, traendone cospicui profitti, li condurranno dentro giochi colmi di scellerate turpitudini”. (Isabella Santacroce)
È stato molto difficile sia leggere che recensire questo libro. Barcamenandosi fra chi lo definisce la nuova Bibbia e chi un romanzo-spazzatura, la confusione rischia di diventare ancora più grande. Sulla carta e nelle parole, le intenzioni per fare di questo un gran libro ci sono tutti: lo stile settecentesco volutamente opulento, le scene di sesso scandalose, il sadomasochismo come prerogativa femminile (in quanto una mente femminile è più sottile e contorta, adatta a tali pratiche), l’ambiente collegiale che tanto ricorda ‘I beati anni del castigo’ di Fleur Jaeggy – ma anche l’autrice, Isabella Santacroce, ormai amatissima e/o odiatissima da molti italiani, che ormai sa molto bene come far parlare di sé. Tutto lasciava presagire un capolavoro.
Trovarsi davanti una copia mediocre di Bataille, DeSade e D’Annunzio, quindi, lascia l’amaro in bocca.
Il pregio di questo libro è il linguaggio ricercato, che può non piacere ma cela evidentemente un duro – e ben fatto – lavoro, su questo non posso discutere. Il difetto lampante di questo libro, invece, è la ripetitività. Intere parti dell’opera, specialmente le descrizioni di luoghi ed azioni, sono copiate fra di loro fino alla nausea e a lungo andare stancano, rendendo quasi impossibile completare la lettura – probabilmente, senza tutte quelle ripetizioni, il romanzo avrebbe un centinaio di pagine in meno.
E lo scandalo? Molti hanno invocato a gran voce l’intervento della censura. Secondo la sottoscritta le parti scabrose, per chi ha letto Bataille o anche solo qualche scritto del Marchese, sono oggettivamente banali e a volte perfino scontate.
Il manifesto delle ‘spietate Ninfette’ (termine coniato da Lolita di Nabokov, evidentemente) ricorda quasi quello de Le 120 giornate di Sodoma e Gomorra e la scena in cui abbraccia nuda il crocifisso è palesemente una citazione di Sancta Susanna di August Stramm; l’unica parvenza di originalità è, a parte l’evidente ruolo inferiore del maschio, buono da usare solo come oggetto sessuale, l’amore passionale che la giovane protagonista prova per un bovaro delle Fiandre.
Oggettivamente, insomma, la sottoscritta non riesce a capire dove risieda l’origine di tutto lo scandalo che la pubblicazione di questo libro ha suscitato. A chi mi domanda se è un libro da leggere, io rispondo che è una questione di gusti; ci sono libri che vanno consigliati quasi per forza, spinti dalle emozioni che hanno suscitato, ma con questo cerco di limitarmi. Semplicemente non è un libro per tutti, ma non è il caso di polemizzarci sopra. Ad ogni modo definirlo spazzatura o Bibbia è, in entrambi i casi, un’esagerazione.
Isabella Santacroce è nata e vive a Riccione. Il suo esordio letterario avviene a metà anni Novanta con la -pubblicazione di Fluo, primo libro della “Trilogia dello spavento” (gli altri due titoli sono Destroy e Luminal). Il nome della Santacroce venne accostato al gruppo dei Giovani Cannibali, movimento letterario sviluppatosi alla fine degli anni Novanta formato da giovani scrittori esordienti. Alcuni di essi, come Tiziano Scarpa, Aldo Nove, Niccolò Ammaniti, Enrico Brizzi, Tommaso Labranca, Tommaso Ottonieri, Luca Ragagnin e altri, insieme alla stessa Santacroce, danno vita nel 1997 a un movimento filosofico-letterario, il Nevroromanticismo, che intende dare espressione all’inquietudine dell’esistenza.
Con la fine della Trilogia dello spavento, Isabella Santacroce continua a lavorare sul linguaggio rimanendo fedele ai propri temi e nel 2001 pubblica per Mondadori Lovers. Il tema del libro è l’amore nelle sue varie forme: l’amore della famiglia, l’amore tra uomo e donna, l’amore omosessuale e l’amore non corrisposto, che porterebbe inesorabilmente alla morte. Il linguaggio adottato nel libro cerca di avvicinarsi il più possibile a una scrittura fatta di suoni, definita dall’autrice una scrittura per il puro sentire.
Nel 1999 ha inizio una sua collaborazione con la cantautrice Gianna Nannini, che ha portato all’album Aria del 2002, e il cartone animato Momo alla conquista del tempo, dove la scrittrice ha collaborato ai testi. Ha collaborato anche alla scrittura dei testi dell’album Grazie, sempre di Gianna Nannini, uscito nel 2006.
Nel gennaio del 2004 viene pubblicato Revolver, romanzo intenso e violento, in cui la scrittrice narra la storia di un’amore non corrisposto fra la protagonista Angelica e un ragazzino di tredici anni. In questo libro, e nel successivo Zoo pubblicato nel febbraio del 2006, la Santacroce cerca di mettere in luce le zone d’ombra dell’esistenza, raccontando ciò che solitamente si preferisce nascondere. Il 2007 è l’anno di V.M.18, romanzo che parla degli sfrenati libertinaggi compiuti da 3 ragazzine quattordicenni all’interno di un collegio, libro che segna un’ulteriore svolta nello stile narrativo della Santacroce, definito dalla critica “settecentesco”.
Titolo | V.M. 18 |
Titolo originale | id. |
Autore | Isabella Santacroce |
Anno | 2007 |
Casa editrice | Fazi |
Pagine | 491 |
Prezzo | Euro 17,50 |
Genere | Narrativa italiana |
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