La XXVII edizione di Quartieri dell’Arte – il Festival Internazionale di Teatro dedicato alla drammaturgia e alla scrittura polifonica – mette in connessione la cultura magica del Rinascimento, così viva nella memoria della Tuscia, con il misto di carnalità e spiritualità delle culture asiatiche, passate e contemporanee. Tra i drammaturghi italiani presenti nel programma, Fabio Marson, Riccardo Tabilio e Gianluca Iumiento. Tra i gruppi sperimentali che affrontano progetti legati a un teatro text-based, La Fura dels Baus, Muta Imago e la Compagnia del Sole. Highlight del festival è lo spettacolo immersivo in forma di rito “A Conversation (On an Interpretation of Sculpture)”, realizzato da Gian Maria Cervo, direttore del festival, in dialogo con il maestro del cinema asiatico Apichatpong Weerasethakul.
Il Festival si apre il 30 agosto nell’incantevole scenario del Castello di Torre Alfina a Acquapendente (VT) con gli elfi e le fate di un grande classico della magia occidentale, il “Sogno di una notte di mezza estate” nella una versione firmata dalla giovane Barbara Alesse che trasporta l’universo shakespeariano in un mondo di luci e ombre ispirato ai colori e ai suoni degli anni ’70. Si continua giovedì 7 settembre sul palco del Teatro dell’Unione di Viterbo, con la prima di uno spettacolo che affronta il tema del rapporto tra Islam e Occidente. Nato all’insegna della scrittura polifonica – da sempre filo rosso tematico di Quartieri dell’Arte – “Call Me God” è un testo firmato da Cervo, Mayenburg, Ostermaier e Spregelburd messo in scena con la regia di Gianluca Iumiento e realizzato da QdA, in coproduzione con il SARTR Teatro di Guerra di Sarajevo, il Monte Sacro Festival e il Festival Mirabilia. Quattro drammaturghi in una scrittura a più voci affrontano uno dei temi più urgenti dei nostri tempi: il rapporto tra la sicurezza e la libertà degli individui.
Il programma – articolato in 21 titoli di cui 5 prime mondiali, per un totale di 70 rappresentazioni – sarà percorso da «una serie di riti che uniscono molte epoche e molti tempi in unico spazio, facendo riferimenti a culture magiche o sacrali sia europee che asiatiche» – racconta il direttore artistico Gian Maria Cervo – «Le linee programmatiche adottate nel 2023 hanno generato curiose coincidenze per cui il pubblico del Festival vedrà oggetti e simboli passare da uno spettacolo all’altro, in quella che ci auguriamo possa essere una grande esperienza condivisa prima che la fruizione di uno spettacolo. Se l’uovo è un elemento simbolico che attraversa “A Conversation (on an interpretation of sculpture)”, il progetto internazionale che ospita l’opera del regista Palma d’Oro a Cannes Apichatpong Weerasethakul, e “La magia dell’uovo”, cosmografia napoletana mediata e raccontata da un comico dell’arte lazzarone, lo stesso luogo – lo spazio Inter Artes, nato in un palazzetto viterbese del 1200, nel ‘400 rifugio dalla peste nera, e adottato per la prima volta dal Festival – farà da sfondo sineddochico e simbolico a tre spettacoli su altrettante città italiane che sono porte dell’oriente: Venezia, Napoli e Bari».
Dall’8 al 10 settembre – tra Piazza Sallupara, dove sorgono le scuderie del Bramante, e il Museo Nazionale Archeologico Etrusco – sarà in scena “A Conversation (On an Interpretation of Sculpture)”, un evento di teatro immersivo in forma di rito, sviluppato da Gian Maria Cervo, autore della drammaturgia, in dialogo con l’artista e regista Apichatpong Weerasethakul. L’allestimento si avvale del contributo delle opere visive del maestro, e il testo – che cita anche il lavoro di Paul Castagno (guru americano della scrittura polifonica) e contiene frammenti di un’opera elaborata dall’artista thailandese con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, insieme ai collaboratori del suo studio di Chiang Mai, Kick the Machine – nasce dall’incontro in Tahailandia tra Cervo e Weerasethakul. La regia è di Nicola Bremer, nominato nel 2018 miglior artista emergente, per la serie teatrale “Selfies einer Utopie” dall’autorevole rivista teatrale tedesca Theater Heute. Il titolo dell’opera cita materiali di Weerasethakul provenienti da un progetto dell’artista (“A Conversation with the Sun”) e più specificamente da una sua scultura che sarà esposta durante il rito. La drammaturgia paragona il processo di modellare un testo all’atto di scolpire una pietra. Nel cast e nel team creativo, Matteo Bertolotti, Yoris Petrillo, Aleksandros Memetaj, Saga Bjorklund Jonnson, la scenografa-costumista Wiebke Heeren e il filmmaker Francesco Di Mauro, oltre a un gruppo di giovanissimi attori provenienti da varie esperienze formative realizzate dal Festival.
Asia e Europa saranno al centro di un altro evento coprodotto da QdA e Forian Metateatro: “La scuola di Herat – Storia di una ricostituzione” (20 settembre, Valle di Celleno), una drammaturgiadi Mara Matta (Università “La Sapienza” di Roma) e Anna Paola Vellaccio con contributi di alcune poetesse afghane contemporanee, che ripercorre l’esperienza di rifondazione in Italia di uno dei più importanti centri di studi d’arte afghani, quello della città di Herat, famosa per le sue miniature e i suoi giardini, smantellato dai Talebani. Tra le figure citate, quella della poetessa Nadia Anjuman Herawi, uccisa a 25 anni dal marito, fondatrice del circolo educativo sotterraneo chiamato Golden Needle Sewing School, organizzato da giovani donne e guidato dal professore dell’Università di Herat Muhammad Ali Rahyab.
Anche quest’anno continua la collaborazione tra Quartieri dell’Arte e la Fura dels Baus, con la presentazione a Viterbo il 14 ottobre (Backstage Academy) dello spettacolo “Le quattro morti di Pier Paolo Pasolini” di Gian Maria Cervo diretto da Pep Gatell – regista e fondatore della Fura – ispirato ai dipinti di Nicola Verlato, pittore italiano neocaravaggesco che trasla la morte di Pasolini a un set di scenari storici “vicini” come l’assassinio di Christopher Marlowe nel 1593 o l’uccisione dei Gracchi a Roma nel II secolo avanti Cristo. Lo spettacolo, cha ha debuttato lo scorso anno a Napoli, sarà rappresentato a Tokio in dicembre.
Il calendario di spettacoli e eventi continua fino al 22 ottobre, toccando alcune delle più significative location della città e del territorio, e spaziando dai riferimenti agli haiku giapponesi – con un laboratorio spettacolo in cui il pubblico stesso sarà invitato a comporre versi (7 e 8 ottobre) ai concetti della cultura magica rinascimentale, con un omaggio che vuole celebrare l’anniversario importante della pubblicazione dell’in-folio shakespeariano (1623): “A Shakespeare/Marlowe Digital Diptych” (15 ottobre), fino alla “magia della stupidità” anni ’90 raccontata nello spettacolo rock “Il leviatano” di Riccardo Tabilio – da vedere, ascoltare e ballare – che chiude il festival. Il concept artistico alla base dell’immagine scelta per rappresentare il Festival è stato elaborato utilizzando un programma di intelligenza artificiale a cui è stato chiesto di creare un volto che unisse suggestioni asiatiche ed europee. Con lo stesso criterio saranno realizzate tutte le locandine degli spettacoli in programma.
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