Wonder Woman è il quarto film del DC Extended Universe – la risposta all’universo cinematografico Marvel -, stand-alone dedicato alla supereroina già presente (e una delle note più positive) in Batman v Superman. Ritroviamo ancora la splendida Gal Gadot che, attraverso un lungo flashback, ci racconta la sua storia: Diana è la principessa di Themyscira, un’isola nascosta dallo spazio e dal tempo ed abitata dalle Amazzoni, guerriere votate a Zeus, il cui compito è fermare il ritorno di Ares, il Dio della guerra. Diana cresce curiosa, solare e viene addestrata per essere la più forte delle amazzoni, fino a quando il mondo esterno non fa irruzione a Themyscira, nelle fattezze di Steve Trevor, soldato e spia che racconta di una guerra mondiale esplosa tra gli uomini. Diana allora sceglie di andare con Steve per cercare di fermare il conflitto: scoprirà alcune verità sul mondo degli uomini e, soprattutto, su se stessa.
L’impressione generale e comune dei film Warner/DC, finora, non è stata delle migliori: successi di pubblico sì, ma affossati dalla critica. L’ambizione, la seriosità e le complicazione negli intrecci (difetti imputabili specialmente alla scrittura) hanno costituito un reale limite delle produzioni DC, sottoposte a continui paragoni con l’ingranaggio perfetto della macchina della rivale Marvel. Un tentativo di differenziazione si era già avvertito con Suicide Squad (in quella che, forse, è stata un’infelice inversione di rotta), ma risulta compiuto con Wonder Woman.
Il film è semplice e lineare, vuoi anche per il fatto che sia ambientato nel passato – e che quindi può fare a meno di quei legami forzati con l’universo condiviso da altri supereroi – e si presenta come una classica origin story, senza particolari sussulti. A brillare davvero è Gal Gadot, la scelta di casting più azzeccata dal team DC (insieme a Ben Affleck col costume addosso): Diana è ingenua e ignara del mondo, estremamente idealista e cocciuta; il mix che riesce ad esibire l’attrice israeliana rende il personaggio adorabile (e ricco di humour), tratto molto diverso rispetto all’algida e affascinante Wonder Woman del presente, a demarcare più significativamente i diversi piani temporali (accomunati, però, dal trascinante theme ormai riconoscibile, creato ad hoc da Hans Zimmer e da Junkie XL). Diana entra nel mondo degli uomini e lo domina fin da subito, perché indipendente dalle regole e dalle convenzioni della società, proprio perché vive fuori dal mondo: è come se incarnasse l’idea stessa di Donna, un’idea che suscita “eccitazione e paura” (per dirla con la battuta di Saïd Taghmaoui nel film), portatrice di un naturale spirito femmineo.
Se in parte le intenzione sembrerebbero rispettate (seppur unicamente grazie a Gal Gadot che regala la miglior interpretazione possibile), dall’altra arrivano le note dolenti. Diana Prince non è (ancora) Wonder Woman; non è, cioè, l’icona femminista creata negli anni ’40, la supereroina per antonomasia. Non ne possiede lo slancio rivoluzionario, né cerca di ridiscutere in qualche modo la figura della donna (medesimo deficit della Harley Quinn di Margot Robbie). La dura legge del franchise dona l’impressione che ci si trovi solo all’inizio, che Wonder Woman sia solo il primo capitolo di una storia ben più articolata (e quindi, soggetta ad un giudizio forse parziale), ma questo primo film risulta nuovamente inadeguato all’icona che vorrebbe portare sullo schermo, come succedeva per Batman e Superman, amplificando il sospetto che la Warner non sappia davvero trattare le mitiche figure di casa DC. Non aiuta nemmeno la regia di Patty Jenkins: la regista di Monster sembra figurare come semplice mestierante (e per una precisa scelta di marketing), adattandosi, anzi, al gigantismo e al barocchismo tipicamente snyderiani nelle scene di combattimento – dove la pellicola DC si conforma davvero alle precedenti -, peggiorate tra l’altro dall’impiego di una CGI posticcia (ennesima grande produzione: vien da chiedersi cosa stia succedendo ad Hollywood). Ad eccezione di Chris Pine, perfetta spalla maschile di Diana, anche i nomi impiegati nel film sembrano recitare senza reale coinvolgimento (come Robin Wright o Ewen Bremner, costretto a ricalcare lo Spud di Trainspotting); persino lo spunto interessante per il villain, un nemico non visibile, ma che si presenta piuttosto come uno stato di guerra generalizzato, viene accantonato subito a favore di un personaggio in carne ed ossa che subisce quello che da oggi rinomineremo “trattamento Doomsday”: realizzato in computer grafica, privo di spessore e buttato sulla scena solo per portare distruzione e contribuire ad un combattimento finale piuttosto deludente.
Nel complesso, il principio “less is more” parrebbe valere anche per Wonder Woman: si cambia registro e stile, prendendo le distanze da Batman v Superman; ma la verità è che i risultati sono, stranamente, gli stessi. Certamente il film è più godibile, perché più essenziale e di facile fruizione, ma, laddove si abbandona la pur genuina e incasinata ambizione del film di Zack Snyder, ci si trova davanti ad una pellicola affrettata, poco incisiva, innocua e che non lascia il segno.
È evidente che la DC stia percorrendo diverse strade: speriamo che per l’imminente Justice League, la via imboccata sia quella giusta.
Titolo italiano | Wonder Woman |
Titolo originale | id. |
Regia | Patty Jenkins |
Sceneggiatura | Allan Heinberg |
Fotografia | Matthew Jensen |
Montaggio | Martin Walsh |
Scenografia | Aline Bonetto |
Costumi | Lindy Hemming |
Musica | Rupert Gregson-Williams |
Cast | Gal Gadot, Chris Pine, Robin Wright, Danny Huston, David Thewlis, Connie Nielsen, Saïd Taghmaoui, Ewen Bremner, Eugene Brave Rock, Elena Anaya, Lucy Davis |
Produzione | Zack Snyder, Deborah Snyder, Richard Suckle, Charles Roven |
Anno | 2017 |
Nazione | USA |
Genere | Azione |
Durata | 141' |
Distribuzione | Warner Bros. Pictures |
Uscita | 01 Giugno 2017 |
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