Questo è il resoconto dell’incontro tenuto da Wes Anderson a Roma in occasione dell’uscita italiana del suo nuovo film.
Organizzato da Buena Vista International e Auditorium-Parco della Musica di Roma, all’interno di ‘Viaggio nel cinema americano’ a cura di Antonio Monda e Mario Sesti; un percorso di conoscenza della cinematografia più popolare del pianeta, per scrutarne da vicino i volti e gli sguardi d’autore.
E’ vero che usi sempre lo stesso carattere per i titoli di testa il Futura 33, carattere utilizzato in diversi film di Truffaut?
No, non è vero. Mi piace utilizzare molta scrittura nei miei film e Truffaut è stata fonte di ispirazione in quanto molti dei suoi film sono tratti da romanzi e ci sono molti libri nei suoi film. In realtà questo tipo di carattere l’ho rubato a Kubrick.
Le avventure acquatiche è il tuo quarto film. Nel corso dei tuoi film qualcosa è cambiato nella costruzione. I primi tre sono stati scritti con un tuo compagno di studi ed un attore famoso, Owen Wilson, questo quarto film è scritto insieme a Noah Baumbach, sceneggiatore e regista. Puoi raccontarci come nascono queste collaborazioni?
Io e Owen abbiamo iniziato a scrivere insieme già dai tempi dell’Università; abbiamo scritto insieme tre film, poi nel frattempo è diventato un attore di cinema con sempre meno tempo da dedicare alla scrittura e sapete bene che scrivere paga molto meno bene che recitare; quindi come partner per le sceneggiature l’ho perso. Ho incontrato Noah Bamback sul set di un suo film che l’ho aiutato a produrre. Durante la lavorazione, ci siamo resi conto che vi era una certa sintonia tra noi e gli ho chiesto di darmi una mano.
La scrittura è un aspetto fondamentale nel tuo cinema. Ci sono film costruiti con dei capitoli come se fossero dei libri. Alcuni riferimenti letterari sopratutto ne I Tenembaum ha fatto pensare alla critica americana al grande scrittore Salinger. Sono suggestioni reali, presenti nel momento della tua scrittura oppure no?
Per me c’è sempre un’ispirazione. Per I Tenembaum volevo che fosse proprio come un romanzo e quindi avevo in mente, come riferimento, Salinger mentre stavo girando. La mia idea era quella che il film dovesse apparire proprio come un libro con delle pagine, dei capitoli.
Il prossimo film è invece ambientato in India ed è concepito proprio come un romanzo alla Graham Green o Kipling. Questo film non è stato concepito come un romanzo, ma è nato ispirandosi a Fellini e Cousteau.
Le piscine compaiono molto spesso nei tuoi film, per quale ragione?
Non lo so; mi piace molto la fotografia subacquea, ed il colore delle piscine. Il colore infatti che vedrete più frequentemente in questo film è il colore “celeste” (pronunciato in perfetto italiano NdR). L’unico simbolismo che mi viene in mente è che mentre si è sott’acqua si entra in un mondo completamente diverso ed in ogni mio film cerco di creare un mondo che non è completamente realistico, ma inventato, creato.
Hai appena citato Cousteau e Fellini. Vorrei chiederti qualcosa in più sui riferimenti visivi. In Le avventure acquatiche c’è molto cinema degli Anni Settanta che ti ha ispirato profondamente.
Tra i registi degli Anni Settanta quesllo che più mi ha ispirato è scuramente Hal Ashby insieme a Mike Nichols, Peter Bogdanovich ma anche molto cinema europeo e della Hollywood di John Huston, Lubitsch e Howard Hawks.
Utilizzi spesso e volentieri un attore che ultimamente è cresciuto parecchio, uno degli interpreti più originali del panorama cinematografico, ovvero Bill Murray.
Ci sono due cose di Bill Murray che ammiro in particolare. E’ uno degli uomini più spiritosi che abbia mai conosciuto e sono sicuro che se entrasse ora in questa sala ne rimarreste travolti, conquistati. E’ una sorta di pifferaio magico; tutti sarebbero pronti a seguirlo, possiede un carisma quasi eroico. Nello stesso tempo ha un lato tragico, triste, melanconico soprattutto nei suoi occhi, nel suo sguardo. E’ questo l’aspetto che più mi ha colpito in alcuni ruoli che ha recitato. Quando scrissi il suo ruolo in Rushmore ho tenuto fortemente conto di questo aspetto oltre che ha quello comico. Questo film, oltre ad essere stato scritto per lui, in qualche modo racconta di lui.
Le Avventure Acquatiche, sin dal titolo, parla di Jacques Cousteau, anche se in una versione molto particolare, reinventata. Ma i riferimenti a Cousteau li ho notati anche in altri tuoi precedenti lavori, in particolare Rushmore.
Quando ero bambino, insieme ai miei fratelli, guardavamo spesso Jacques Cousteau in televisione. Era una sorta di star ed io lo amavo molto perché era un inventore, uno scienziato, un avventuriero ma anche e soprattutto un cineasta, una grande fonte di ispirazione per me. E sebbene lo vedessi in televisione era una sorta di personaggio immaginario quasi comico, un artista supereroe. Comunque i personaggi principali di questo film non sono basati su Cousteau, anche se l’ambiente è simile al suo.
La storia del tuo primo film è così simile a quella de I soliti ignoti, che sospettiamo un legame, un’influenza. Conferma?
Non avevo visto questo film quando ho realizzato Un colpo da dilettanti. Ma credo che questo film abbia creato una sorta di genere cinematografico. Io conoscevo questo genere e sono stato influenzato da film che sono stati a loro volta influenzati da I soliti ignoti. Quando l’ho poi visto ho naturalmente ricollegato il fatto.
Uno dei temi ricorrenti nei suoi film, in particolare negli ultimi tre è quello tra padri e figli, separati, distanziati che cercano di riconciliarsi. Come mai?
Non lo so, forse dovreste chiederlo ad uno psicanalista. Quando si realizza un film si ha un controllo su molte cose ma non su tutto. E questo vale anche quando si scrive una sceneggiatura; molto viene dal nostro subconscio e non si sa mai dove questo ci porterà.
Ci sono elementi nei suoi film, fatti apposta per essere notati dai critici. Spesso i suoi finali sono al rallenti il che hanno una loro eleganza. Vi è anche una ragione più profonda?
Questa è una cosa a cui non riesco proprio a fuggire. Griffith ha inventato il primo piano, mentre Scorsese questo rallenti abbinato alla musica, una cosa che non si era mai vista prima che la facesse lui. In seguito è diventato una sorta di strumento che possiamo utilizzare tutti ed io non riesco proprio a resistere a questa tentazione. Confermo quindi che anche in questo film vi è un finale al rallenti.
Le avventure acquatiche, non è ambientato in Italia, o meglio non si dice che è ambientato nel nostro paese sebbene sia stato completamente girato in Italia.
Penso che nei primi 40 minuti si intuisca che è ambientato in Italia anche se effettivamente è un’Italia un po’ inventata , immaginaria. Ho girato il vostro paese e mi è venuta l’idea di ambientare un film in Italia, anche se volevo creare sullo schermo una mia versione del vostro paese.
Lei tende ad utilizzare spesso e volentieri gli stessi attori. E’ una cosa che la rassicura? Qual’è la ragione?
Nei mie film si parla di famiglia ed amicizia. Quindi amo circondarmi di persone che conosco. Quando ci ritroviamo, il primo giorno delle riprese è una sorta di rimpatriata. Si crea un’energia particolare che scaturisce da un gruppo di amici che incontra altre persone con cui lega e diventa amica. Ad eccezione di Gene Hackman. I miei film fanno molto affidamento su questo punto.
Alla fine degli Anni Settanta una generazione di registi Scorsese, Spielberg, Bogdanovich ed altri sono venuti alla ribalta a causa del crollo dello Studio System. Ora sembrerebbe che ci sia una nuova generazione di registi della quale fai parte – gli altri sono Sofia Coppola, Paul Thomas Anderson, Alexander Payne e molti altri -. Condividi questo fenomeno e ti senti parte di un gruppo?
Anche se può sembrare così, mi sento più parte di un gruppo di persone con cui lavoro ovvero Bill Murray, Noah Baumbach, Owen Wilson ed altri miei collaboratori. Con i registi che avete citato abbiamo in comune il fatto che siamo tutti contemporanei, facciamo film, abbiamo un’età simile, ma non vedo altre grosse analogie tra di noi.
Molti film che ha fatto parlano di giovani la cui genialità costituisce un grosso problema.
E’ una domanda difficile! Sono sempre stato attratto dall’idea della genialità, ma maggiormente da quella del fallimento. I Tenembaum per esempio erano una famiglia di geni ma nello stesso tempo erano tutte persone che avevano gettato la spugna. Tutti i miei film parlano del fallimento un tema che trovo molto affascinante e complesso.
Mettendo in sequenza tutti i suoi al film – dalla parodia dei film di rapina al ritratto di un adolescente che si innamora di una donna più grande, da una famiglia di geni in crisi a questa strana avventura acquatica con un personaggio alla Cousteau – sembrerebbe che vi sia una crescita, una maturazione nella costruzione dei personaggi. So invece che il prossimo film sarà un cartone animato.
Il film a cui sto lavorando con Noah Baumbach è l’adattamento di una storia con delle bambole e sarà diverso dagli altri film che ho realizzato. Noi stiamo scrivendo solo la sceneggiatura che in seguito verrà passata ad Henry Selick che si occuperà dell’animazione. Sarà un film meno personale degli altri da me realizzati al contrario di quello che, come detto, sarà ambientato in India.
I Tenembaum è ambientato in una New York che lei ha voluto reinventare in quanto è una città in cui non ha mai vissuto. Come l’hanno presa i newyorkesi questa sua ricostruzione?
Non conosco la loro opinione. E’ una New York che è stata tratta dai libri ed anche dai film. Una New York immaginaria, adattata a questo film.
Come è iniziata la sua carriera? So che ha i girato un cortometraggio che costituiva lo spunto del tuo primo film. Pi grazie alla Disney hai potuto realizzare tutti i tuoi lavori.
Il mio primo film è stato in effetti un cortometraggio. L’idea inizialmente era quella di fare un lungometraggio. Abbiamo raccolto 2000 dollari ed abbiamo iniziato le riprese. I soldi sono finiti molto presto, abbiamo così interrotto le riprese, racimolato altri 2000 dollari e ripreso a girare. Ma anche stavolta i finanziamenti si sono esauriti e così abbiamo deciso di realizzare un corto. Io e Owen siamo stati fortunati in quanto il corto è stato visto dalle persone giuste che ci hanno permesso poi di fare cinema. Ma precedentemente molti lo avevano visto e non si erano interessati al progetto.
Prima ha citato Fellini. Quanto e cosa conosce del cinema italiano?
Per l’aspetto visivo de Le avventure acquatiche mi ha ispirato molto L’Avventura di Antonioni, così come i film di Fellini da 8 e ½ ad Amarcord ed I Vitelloni per la reinterpretazione delle sue memorie. Recentemente invece ho visto molti film di Pietro Germi e Rossellini che ha avuto una grande influenza sul cinema francese da cui noi abbiamo poi rubato idee. Vi è una sorta di ciclo continuo.
Notiamo una difficoltà nel cinema americano a realizzare film personali. Qual è la tua opinione sui quanto si produce oggi a Hollywood?
Penso che il movimento di cui avete parlato precedentemente sia composto da autori che vogliono e realizzano film personali, che sembrano prodotti negli Anni Settanta ma invece sono realizzati oggi a Hollywood e parlo di Sofia Coppola, Spike Jonze, Charlie Kauffman, Paul Thomas Anderson. Sono tutte persone che stanno lavorando ai livelli più alti almeno in termini di finanze con gli Studios o che riescono a raccogliere soldi necessari per realizzare esattamente quello che vogliono. Poi c’è Alexander Payne che ha realizzato un film immenso su un racconto che ha molto amato. Penso che ci sia un ambiente molto buono, valido, sano.
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