E’ il momento della verità negli studi dello show televisivo in India ‘‘Chi vuol esser milionario?”. Davanti ad un pubblico sbalordito, e sotto le abbaglianti luci dello studio, il giovane Jamal Malik, che viene dagli slum di Mumbai (Bombay), affronta l’ultima domanda, quella che potrebbe fargli vincere la somma di 20 milioni di rupie.
Il conduttore dello show, Prem Kumar, non ha molta simpatia per questo concorrente venuto dal nulla. Avendo faticosamente risalito la scala sociale, provenendo lui stesso dalla strada, Prem non ama l’idea di dover dividere la ribalta del Milionario con qualcuno come lui, e rifiuta di credere che un ragazzo dei quartieri poveri possa sapere tutte le risposte.
Arrestato perché sospettato di imbrogliare, Jamal viene interrogato dalla polizia. Mentre ripassa le domande una per una, inizia ad emergere la storia straordinaria della sua vita vissuta per le strade, e della ragazza che ama e che ha perduto.
Danny Boyle regista virtuosista fino all’eccesso mette in scena una coloratissima favola in puro stile Bollywood, per raccontare la favola d’amore tra due giovani indiani, osteggiata da povertà, gangster, assassini, truffatori. La storia parte dalle slum di Bombay, che ricordano per ambientazione e modalità di ripresa quelle brasiliane di The City of God di Fernando Meirelles. “Abbiamo inserito nel film il maggior numero possibile di abitanti degli slum – racconta Boyle – Si tratta effettivamente di mini-metropoli movimentate e piene di attività. Quello che è successo, dal momento che l’India è una democrazia, è che gli slum sono diventati dei centri politicamente molto influenti, perché ci sono moltissime persone. Ci sono moltissimi voti in un’area ristretta. Così che sono diventati, per ironia, incredibilmente potenti, e molte persone non vogliono che vengano svuotati. Al momento è previsto un grosso piano di sgombero per Dharavi ma le persone che ci vivono non vogliono che venga sgomberato. Sono molto preoccupate per quello che verrà dato loro in cambio… Per le riprese, abbiamo iniziato usando il classico tipo di macchina da presa ma non mi piaceva. Volevo che ci si sentisse davvero dentro la città. Non volevo osservarla, esaminarla. Volevo che fossimo il più possibile immersi nel caos. C’è un lasso di tempo, tra le due e le quattro, del mattino in cui tutto si ferma e si sentono solo i cani che si aggirano ma per il resto il posto brulica continuamente di persone… Abbiamo utilizzato macchine digitali come la SI-2Ks. Sebbene abbiano questa specie di giroscopio che le stabilizza, sono comunque molto piccole e in grado di operare in zone molto strette, che è poi la situazione negli slum. Puoi catturare un po’ della vita che si svolge attorno a te senza che la gente se ne renda conto. Abbiamo usato anche quella che chiamavamo ‘CanonCam’, che è una macchina fotografica Canon in grado di scattare dodici fotogrammi al secondo. Se la gente vede una macchina fotografica, non pensa che stai girando. Abbiamo lavorato in questo modo e, di tanto in tanto, abbiamo utilizzato anche la tradizionale macchina da presa. Perciò il film è il risultato di tecnologie diverse”.
Il film, una volta assorbito il meccanismo narrativo, si sviluppa in maniera abbastanza monotona, dove ogni domanda posta dal conduttore serve ad introdurre un episodio della vita del protagonista, Malik, dall’adolescenza passata ad elemosinare per la strada, fino alle piccole truffe in compagnia del fratello maggiore. Sequenze come tessere di un puzzle che si va componendo sotto i nostri occhi per ricostruire una macrovisione di un’esistenza, che sebbene romanzata, getta una luce importante su un paese anche di recente protagonista di fatti drammatici.
Il Boyle “touch” emerge in ogni fotogramma attraverso un incalzante ritmo narrativo, riprese vertiginose con arditi angoli di ripresa, una colonna sonora trascinate e curatissima senza disdegnare dettagli raccapriccianti che sono pugni in pieno stomaco allo spettatore.
Ma l’eccessiva lunghezza della pellicola, unitamente ad un costrutto narrativo sin troppo reiterato nei suoi punti nodali, appesantisce il film a partire dalla sua seconda metà, fino ad un finale che sebbene prevedibilissimo, tarda sin troppo a realizzarsi.
Barocco, diseguale, a tratti trascinante in altre sonnolento, The Millionaire è un film curioso ed imperfetto, che dividerà pubblico e critica davanti ad un autore che nonostante un’estetica ormai formalizzata, tenta di applicarla a generi sempre diversi, con l’intento di spiazzare lo spettatore e scuoterlo dal torpore di tante, troppe pellicole uguali tra di loro.
Titolo originale | Slumdog Millionaire |
Regia | Danny Boyle |
Sceneggiatura | Simon Beaufoy |
Fotografia | Anthony Dod Mantle |
Montaggio | Christopher Dickens |
Scenografia | Mark Digby |
Costumi | Suttirat Anne Larlarb |
Musica | A. R. Rahman |
Cast | Dev Patel, Anil Kapoor, Freida Pinto, Madhur Mittal, Irrfan Khan |
Produzione | Celador Films, Film4 |
Anno | 2008 |
Nazione | USA, UK |
Genere | Drammatico |
Durata | 120' |
Distribuzione | Lucky Red |
Uscita | 05 Dicembre 2008 |
Nessun commento