Parleremo oggi di una disciplina antica cui solo i più recenti contributi hanno dato un nome e una regola, l’eallorismo. Il recente saggio di Adam McGunter Jr, Eallorismo come critica estetica (2007), ha battezzato e sdoganato il termine, seppure, è giusto ricordare come già nel 2003 nella sua imprescindibile Storia dell’inutilità filmica, il critico anglo-indiano Jimmy J. Upanisad, anticipava quello che è il nocciolo teorico e concettuale dell’eallorismo affermando, a proposito di Melinda e Melinda, “Il film di Allen se fosse una parte anatomica sarebbe l’ugola, se fosse un attore sarebbe Jim Belushi, se fosse un film porno sarebbe gli intermezzi narrativi senza sesso, quelli che se durano troppo a lungo dici: e allora?”
Facile, ma non certo dunque, che il testo di Upanisad abbia influenzato le teorie di McGunter Jr. certo però che la cinematografia recente ha creato il terreno fertile che ha permesso a questo nuovo approccio critico di fare fortuna nell’ambiente scientifico e accademico con questa rapidità. Basti ricordare fra gli altri un intero numero speciale di Cahiers du Cinema dedicato alle nuove correnti della critica contemporanea dedicava quasi due terzi degli articoli all’eallorismo e che un accademico di rilievo come Gianni Canovaccio, sta per dare alle stampe L’occhio eallorista, saggio che, dalle anticipazioni, finirà col diventare la colonna italiana dell’eallorismo.
Dopo questa premessa è superfluo specificare con quale approccio intendiamo avvicinarci all’analisi di The killer Inside Me, ultima fatica di Michael Winterbottom, film che si avvicina talmente tanto all’ideale eallorista da poter essere letto in questi termini persino da un modesto dilettante della disciplina come è il sottoscritto.
La pellicola, tratta da un romanzo di J. Thompson, narra di un poliziotto della provincia americana nei ’50 e della sua follia sadica, celata dietro a una facciata irreprensibile e borghese. A farne le spese saranno prima la prostituta di cui si innamora (Jessica Alba) poi la fidanzata (Kate Hudson) e un ubriacone da usare come capro espiatorio. La trama vorrebbe essere una discesa negli abissi della mente malvagia del protagonista, ma, e ci perdoni l’autore del libro che tanto per cambiare non abbiamo letto ma che certamente è migliore di questo film, riesce a strappare solo una citazione di McGunter: “Sì, ok, e quindi?”.
Le motivazioni e i percorsi mentali del protagonista rimangono oscuri e lontani dalla comprensione dello spettatore che può soltanto seguire e subire le sue malefatte senza coglierne minimamente la ragione. Stesso discorso vale per i comprimari, sbirri che sono certi della sua colpevolezza e vogliono incastrarlo, ma che sembrano limitarsi a rompergli un po’ le scatole.
La mediocrità e la mancanza di ritmo della regia di Winterbottom aprono premesse gli approcci più misticheggianti dell’eallorismo-psichico che richiederebbero maggiore spazio e che riguarderebbero forse anche altre pellicole di Winterbottom. [davide luppi]
Titolo originale | id. |
Regia | Michael Winterbottom |
Sceneggiatura | John Curran |
Fotografia | Marcel Zyskind |
Montaggio | Mags Arnold |
Scenografia | Mark Tildesley |
Costumi | Lynette Meyer |
Musica | Joel Cadbury, Melissa Parmenter |
Cast | Casey Affleck, Elias Koteas, Jessica Alba, Kate Hudson, Ned Beatty, Tom Bower |
Produzione | Muse Productions, Revolution Films, BOB Film Sweden AB, Film i Väst Hero Entertainment, Indion Entertainment Group, Stone Canyon Entertainment |
Anno | 2010 |
Nazione | USA, Svezia, UK, Canada |
Genere | Thriller |
Durata | 111' |
Distribuzione | BiM Distribuzione |
Uscita | 26 Novembre 2010 |
Nessun commento