Parigi 1940: Lucille (Michelle Williams) vive nella campagna parigina sotto la minaccia delle bombe tedesche e sotto l’egida di una suocera intrattabile e dispotica (Kristin Scott Thomas), in una forzata convivenza nell’attesa che suo marito torni dal fronte. Quando anche la loro cittadina viene occupata, le due donne sono costrette ad ospitare un misterioso ufficiale tedesco (Matthias Schoenaerts), che ha la passione per la musica e inizia timidamente a corteggiare la bella Lucille, che costretta in un matrimonio forzato con un uomo pressoché sconosciuto, non tarderà a ricambiare. La Storia, le convenzioni e un po’ di sana sfortuna non faciliteranno le cose, ma come è noto le difficoltà fiaccano le passioni deboli e alimentano quelle forti.
La trama dell’ultimo romanzo di Irène Némirovsky, rimasto incompiuto a causa della morte dell’autrice ad Auschwitz nel 1942 e completato dalla figlia a distanza di decenni grazie ai manoscritti divenendo un bestseller, presentava indubbiamente il rischio di essere trasformato in uno dei tanti melò cinematografici una volta arrivato in sala. Questa trasposizione invece mostra innanzitutto due grandi meriti: in primis l’interpretazione di Michelle Williams, ormai talento cristallino del cinema contemporaneo, sempre intensa e credibile, anche quando la cinepresa indugia un po’ troppo sui suoi primi piani o quando deve pronunciare le frasi più trite. L’altra metà del plauso è giusto riconoscerla alla messa in scena di Saul Dibb (già apprezzato nell’affresco storico de “La duchessa”), che seppur attento alla ricostruzione tiene da subito un ritmo serrato e carica la vicenda di tensione, giocando sull’eterna lotta tra Fato e Passione e dando un’apprezzabilissima sfumatura shakespeariana a tutto l’intreccio, prendendo con sapienza il punto di vista della protagonista che cede consapevolmente verso un percorso che porta alla rovina.
D’altra parte, sembra un po’ inutile voler giustificare l’eroina nelle sue scelte dando risalto alla parossistica cattiveria della suocera e fornendo qua e là dettagli via via più intollerabili sul marito, come pure la prova della Scott Thomas (che neanche due anni fa è stata fin troppo crudele in “Solo Dio perdona”) e quella di Schoenaerts (anch’egli già impresso nella memoria recente in veste di Giano Bifronte metà tenero e metà animalesco in “Un sapore di ruggine e d’ossa”) paiono assai più stereotipate e prevedibili di quella della Williams.
Sarebbe certamente troppo voler capire per quale arcano impulso che non sia sadismo da secoli ormai platee sempre più apatiche restino preda di anime appassionate e chiuse in mondi più grandi di loro, sospinte inesorabilmente verso il baratro. Nonostante ciò, è giusto comunque osservare che quando si parla di grandi amori del passato e cast altisonanti il primo impulso dello spettatore è in genere quello di dotarsi di caffeina e eccitanti al fine di prevenire gli sbadigli di rito; questa volta invece non sarà difficile dimenticare il mondo reale e lasciarsi trasportare nel più classico dei vortici di passione.
Titolo originale | Suite française |
Regia | Saul Dibb |
Sceneggiatura | Saul Dibb, Matt Charman |
Fotografia | Eduard Grau |
Montaggio | Christopher Dickens |
Scenografia | Michael Carlin |
Costumi | Michael O'Connor |
Musica | Rael Jones |
Cast | Michelle Williams, Kristin Scott Thomas, Matthias Schoenaerts, Sam Riley, |
Produzione | Alliance Films, Qwerty Films, Scope Pictures, TF1 Films Productions |
Anno | 2014 |
Nazione | Regno Unito, Francia, Canada, Belgio |
Genere | Drammatico |
Durata | 107' |
Distribuzione | Videa |
Uscita | 12 Marzo 2015 |
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