Premessa. Il Cile per quelli che adesso hanno sessant’anni non è un paese del Sudamerica. È l’educazione sentimentale e politica di una generazione. Il Cile come simbolo di lotta per la libertà, per un socialismo dal volto umano, per una vita di poesia e uguaglianza, dove l’unità e la solidarietà sono il cemento di una società scevra dalla logica del profitto e dai suoi derivati, il consumismo e il potere. È anche però la perdita dell’innocenza, il declino degli ideali (la lotta non è servita nulla, Pinochet ha vinto e ha governato coi suoi metodi brutali per quasi trent’anni), il crollo dell’ideologia, la disillusione, la chiusura in se stessi, il prodromo di una società opposta a quella che si era idealizzata.
È la chiave di lettura di questo bel documentario di Nanni Moretti “Santiago, Cile” nel quale viene messa sotto la lente di ingrandimento il momento tragico del golpe del 1973, quando il feroce generale Pinochet poneva fine con la forza al governo del socialista Salvatore Allende regolarmente eletto. Un’azione violenta, efferata, nella quale si arrivava addirittura a bombardare la Moneda, il Parlamento cileno. È la prima parte del documentario, veramente ben fatta, le interviste si mescolano col materiale di repertorio, le voci di chi ha vissuto quei terribili momenti si alternano agli ultimi discorsi pronunciati da Salvator Allende, prima della sua morte suicida o fucilato ancora non è ben chiara la dinamica. Si rivive l’ansia, la rabbia, si materializzano le notizie di quei giorni, le carceri, le torture, i prigionieri rinchiusi dentro lo stadio. Si ricompongono i motivi per cui quegli accadimenti avvenuti in una terra ai confini del mondo, scaldarono i cuori in Italia, incendiarono gli animi e una solidarietà sgorgò spontanea verso un popolo preso a cannonate dal proprio esercito.
La seconda parte del documentario racconta di come quella solidarietà ebbe un’onda cosi lunga che la risacca ritornò sino in Cile nella nostra ambasciata che in quei giorni caotici, aldilà delle regole, aldilà della diplomazia, aldilà delle ragioni di stato, diventò porto franco per centinaia di cileni terrorizzati che trovarono all’interno della nostra sede prima rifugio e poi preziosissimi salvacondotti per raggiungere l’Italia, dove avrebbero ricominciato nuova vita.
Il merito del documentario è quello di contrapporre uno stile asciutto e sobrio al forte impatto della vicenda, creando così per contrasto un racconto bidimensionale in cui la ricostruzione storica si innerva dell’aspetto sentimentale di chi ha vissuto in prima persona l’orrore di una guerra civile. Parziale ma obiettivo, Moretti non si limita a sentire le vittime ma espone anche il punto di vista dei carnefici. E questo dà ulteriore sostanza e intensità al racconto.
Unica nota stonata il finale un po’ da trombone nel quale si sottintende come quella generazione così solidale fosse molto meglio di quella attuale, così individualista e ripiegata su stessa. Un piccolo peccato di ingenuità, una banalità sociologica che non intacca un bel lavoro da vedere nelle sale e magari anche nelle scuole.
Titolo italiano | Santiago, Italia |
Titolo originale | id. |
Regia | Nanni Moretti |
Sceneggiatura | Nanni Moretti |
Produzione | Sacher Film, Le Pacte, Storyboard Media, Rai Cinema |
Anno | 2018 |
Nazione | Italia |
Genere | Documentario |
Durata | 81' |
Distribuzione | Academy Two |
Uscita | 06 Dicembre 2018 |
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