Chissà se il merito sia dell’età, del buddismo… o del jet lag – chiamato in causa da Richard Gere in un’iniziale captatio benevolentiae. Di certo, l’attore emana un’aura di saggezza carismatica e pacata nel presentare a Roma “L’incredibile vita di Norman“, il suo nuovo film in uscita in Italia il prossimo 28 settembre distribuito da Lucky Red.
Per costruire il personaggio, Gere utilizza un metodo collaudato: «per una giornata lascio che regista, truccatori e costumisti facciano le loro prove: li lascio giocare… ma poi decido io»! E da una locandina di Bollywood in cui Aamir Khan interpreta un alieno, notata durante un recente viaggio in India, nasce l’idea delle orecchie a sventola del protagonista. Per Norman, ispirato all’archetipo dell’«ebreo cortigiano» , l’attore ha guardato innanzitutto ad una tipica figura di ebreo newyorkese dell’Upper West Side; ma Norman è un carattere presente in ogni cultura e in ogni ambiente, «e ovunque mi chiedono: ma perché è così fastidioso?». «Tutti conosciamo un “Norman”»: in ogni società c’è un gruppo privilegiato di persone che detiene il potere, e c’è chi attraverso invadenti stratagemmi cerca una porta per entrare in rapporto con quelle persone, per conquistarsi un posto al tavolo di chi comanda. «Nel mondo di oggi, basato su trattative e compromessi, c’è un “Norman” in ciascuno di noi: quando decidiamo di fare o di non fare qualcosa, ci chiediamo cosa otterremo in cambio. Norman ci aiuta a guardarci allo specchio, e dunque a capire come migliorarci». L’attore non fa mancare un’esplicita critica a Donald Trump: «oggi il Presidente degli Stati Uniti vive di compromesso, senza essere spinto da alcun senso morale». Norman ragiona sì attraverso una logica di scambio, ma ciò che lo distingue è un cuore sincero e generoso: «la grazia che lo salva è che ci crede veramente, vorrebbe veramente dare quello che promette; non manipola le persone, vorrebbe renderle felici».
Nella storia di Norman, Gere coglie l’aspetto mitico della favola. In una scena fondamentale del film, quando il protagonista regala un paio di scarpe ad un politico israeliano, «ho improvvisato mettendomi in ginocchio e facendogliele indossare come in Cenerentola»: il gesto segna la nascita di un’amicizia che sarà destinata a cedere il passo in nome di un compromesso più grande, la salvaguardia stessa della pace in Medio Oriente. Come recita il sottotitolo, il film racconta di una “moderata ascesa” seguita dall’inesorabile “tragica caduta”: un’altalena di risultati ed emozioni che è, secondo l’attore, qualcosa che vale per tutti, in ogni momento, anche nel corso di una stessa giornata. «Ogni respiro è morte, ogni respiro è un giro di ruota; è quando pensiamo che la vita sia qualcosa di statico e costante, che essa diventa fonte di sofferenza: solamente accettando questo ruotare possiamo riuscire a trovare momenti di vera felicità».
E all’idea che l’interpretazione di Norman possa finalmente valergli un Oscar, finora mai conquistato, Gere minimizza: «vincere questo premio mi darebbe la possibilità di realizzare un maggior numero di film indipendenti, quindi… perché no?».
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