Il cinema civile ha ancora bisogno di esistere? Considerando la domanda che si pongono i protagonisti: «Come siamo finiti così?», sì. Ed è quello che pensa Salvatore Brogna (Francesco Pannofino), operaio di una fabbrica torinese prossima alla chiusura o per lo meno a un dislocamento. Per rabbia o istinto di sopravvivenza decide di arrampicarsi sulla torre, perché «deve venire la televisione a vedere cosa sta succedendo». Lo segue Giorgio (Roberto Citran) operaio rappresentate sindacale, che prima tenta di salvarlo dalla caduta e poi lo segue nella manifestazione di opposizione. Infine sale in cima anche il custode Luca Ottolenghi (Carlo Giuseppe Gabardini), assunto come categoria protetta che Salvo soprannomina «assunzione obbligatoria».
In una notte tra merendine e fumo, si ricordano i fatti che hanno condotto l’Italia ad essere quella che è oggi, dalla morte di Aldo Moro ai processi di Mani pulite, fino all’arrivo di Silvio Berlusconi in politica. Trent’anni di vita civile, di morti e di cambiamenti, osservati tra tre punti di vista diversi: l’operaio fascista che ricorda bene solo le vittorie della nazionale italiana, la visione di sinistra del sindacalista che rimpiange Berlinguer e la minuziosa memoria storica dell’ipovedente. Parallelamente allo svolgersi della sceneggiatura – il film è tratto dal libro omonimo di Enrico Deaglio – il regista Felice Farina inserisce immagini di repertorio che ad uno spettatore dell’ultima generazione probabilmente dicono molto poco. Solo nella conclusione della vicenda – a lieto fine – vengono associati visi a nomi. Farina nelle note di regia precisa: «Ho tradito le forme del documentario con un esperimento, inseguendo la memoria di un film amato, che è “Hiroshima mon amour” di Resnais: quel modo di legare i frammenti di repertorio allo svolgersi di un racconto presente, quel fonderli in una sola cosa sincronizzando le emozioni della Storia a quelle dell’azione scenica». Dei tre protagonisti, il più combaciante al ruolo assegnatogli è Citran, dimesso e gentile. Pannofino, che dovrebbe essere di origini meridionali, ha delle cadute romanesche esageratamente urlate, che fanno perdere di vista la drammaticità della vicenda, per ricondurre il pensiero alla sua migliore interpretazione in Boris.
Una pellicola nostalgica forse, ma che può e dovrebbe servire a tenere viva la memoria e persino ad attivare il pensiero critico.
Regia | Felice Farina |
Sceneggiatura | Beba Slijepcevich, Luca D'Ascanio, Felice Farina, Dino Giarrusso (dal libro omonimo di Enrico Deaglio) |
Fotografia | Roberto Cimatti |
Montaggio | Esmeralda Calabria |
Scenografia | Nino Formica |
Costumi | Antonella Balsamo |
Musica | Valerio C. Faggioni |
Cast | Francesco Pannofino, Roberto Citran, Carlo Gabardini |
Produzione | Nina Film |
Anno | 2014 |
Nazione | Italia |
Genere | Drammatico |
Durata | 87' |
Distribuzione | Istituto Luce |
Uscita | 26 Febbraio 2015 |
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