Pantafa

“Vi è mai capitato di svegliarvi all’improvviso e di trovarvi con gli occhi sbarrati nel cuore della notte, con addosso una strana sensazione di panico, l’incapacità di muovere un solo muscolo e la percezione di qualcosa o qualcuno sul petto che vi opprime? Non preoccupatevi, non siete soli…”. Con queste parole il regista sceneggiatore Emanuele Scaringi spiega le origini scientifiche di quello che viene definito il fenomeno della paralisi del sonno, ovvero l’incapacità di muoversi quando ci si risveglia durante la fase REM nella
quale avvengono i sogni.

Ma se invece volessimo attribuire questo disturbo del sonno alla presenza di una creatura misteriosa, demoniaca, che la notte si siede sul petto del malcapitato impedendogli di respirare, anzi rubandogli letteralmente il respiro, allora dovremmo ammettere la presenza della Pantafa, leggenda popolare che è l’incarnazione della nostra parte più buia, un male oscuro che ci consuma quotidianamente e rode ogni nostra piccola sicurezza. Da qui a costruire un piccolo ed intenso horror tutto giocato sulle atmosfere scure, silenzi profondi in cui ogni piccolo rumore, anche quotidiano, assume un carattere sinistro, poco ci vuole.

Scaringi insieme a Tiziana Triana e Vanessa Picarelli, costruisce una storia tutta giocata sul filo del vedo e non vedo, di personaggi ambigui che camminano pericolosamente in equilibrio tra realtà e surrealtà, quotidianità ed immaginazione, grazie ad un’ambientazione rurale, una fotografia desautorata che “costruisce” atmosfere alla Hammer ed alle musiche di Ratchev & Carratello che echeggiano sonorità “gobliniane” dei primi film di Dario Argento.

Un racconto non privo di alcuni snodi narrativi un po’ deboli e confusi, ma sicuramente capace di creare una certa empatia con lo spettatore che viene avvolto e coinvolto nella vicenda. Bene gli interpreti, bravi i comprimari che aiutano a creare un’atmosfera da “Villaggio dei dannati” che è sicuramente ciò che più rimane impresso.