Oltre la notte

La locandina

Ti ammazzano il marito e il figlioletto. Non è il racket, non è la mala. Sono stati due neonazisti, è sicuro. Ma non ci sono prove sufficienti per condannarli. Cosa fare? Cosa può fare una tedesca di razza bianca la cui unica colpa agli occhi degli assassini è di aver sposato un curdo? Ti suicidi per il troppo dolore? Ammazzi per vendetta? Oppure esiste una terza soluzione?

“Oltre la notte” esplora questa terza possibilità in un film teso, solido, cupo, credibile.

Credibile perché non è un film a tesi (il limite per esempio dell’ultimo film di Giordana “Nome di donna”), non c’è nulla da dimostrare, niente su cui pontificare, le vittime non sono figurine, santini in un mondo malvagio. Hanno le loro usanze, il loro passato, galera, droga, resistenza, non sono né buoni né cattivi; piene di contraddizioni, sono persone colte in un momento di sofferenza, di dolore inconsolabile.

L’abilità del regista Fatih Akin è quella di condurci all’interno di questa gabbia psicologica che è la perdita immotivata degli affetti più cari senza alcun orpello retorico e attraverso la protagonista interpretata con talento, intensità e controllo dalla nuova Hanna Shigulla del cinema tedesco: Diane Kruger. Vivere insieme a lei la lotta tra razionalità e istinto, tra vendetta e perdono, tra giustizia e realtà, tra amore e morte.

La storia si svolge tra una Amburgo livida, non convenzionale e il mare fuori stagione della Grecia ed è diviso in capitoli (la famiglia, il processo, il mare) che scandiscono l’evolversi della vicenda.

Il titolo in inglese del film è “In the Fade“, dove fade significa dissolvenza. E questa lentissima dissolvenza tra la felicità e il nulla è la sostanza del film.