Solitamente nei film horror a dominare sono i toni cupi, le fotografie buie, le scene notturne o al chiuso dove dietro la mancanza di luce, e la presenza di ombre si nasconde spesso e volentieri la fonte della paura, dell’orrore sbattuta in faccia allo spettatore (nel genere gore e splatter) oppure celata per creare una tensione insostenibile (suspense).
Ari Aster, giovane regista statunitense autore dell’interessante Hereditary, costruisce un lungo e notevolissimo prologo seguendo i canoni a tutti noti del genere horror, calando la vicenda nei toni cupi della notte, della morte e della disperazione, creando una suspense inquietante utilizzando al meglio il mezzo cinematografico nella sua totalità (regia, interpretazione, montaggio, fotografia e soprattutto colonna sonora e suono).
A seguire i titoli di testa, cambia completamente il registro spiazzando lo spettatore ed immergendo la vicenda ed i suoi personaggi all’interno di una luce continua ed abbagliante, dietra la quale cela l’orrore della vicenda.
Ambientato in un villaggio arcaico della Svezia, dove un gruppo di studenti americani viene accompagnato per assistere ad antiche cerimonie in onore della Luce e della sua fonte primaria, il Sole. Aster costruisce un nuovo mondo affascinante e unico interamente da zero, con una propria lingua, storia, mitologia e tradizione pescando tra il folklore pagano svedese e tedesco e consultando bibbie antropologiche come Il ramo d’oro di James George Frazer e le saghe spirituali di Rudolf Steiner. Ne viene fuori un mondo verosimile e credibile dove calare una “fiaba” visionaria, che racconta in modo originale il rapporto di dipendenza che si insatura all’interno della coppia (amici, fidanzati, familiari) dove la donna, vista troppo spesso e volentieri nel ruolo subalterno di vittima e dipendente, assume “nuova dimensione” (non approfondiamo per non togliere il piacere della scoperta).
Una nuova via all’horror che da una parte recupera e gioca con le regole del genere (ricordate in Scream le famose regole per sopravvivere in un film dell’orrore? Mai faro sesso; mai ubriacarsi e drogarsi; mai e poi mai dire ‘torno subito’.) dall’altra le stravolge e rinnova. Non lasciatevi fuorviare dal sottotitolo italiano, che poco “c’azzecca” con il contenuto della pellicola, perché non vi è nulla di sovrannaturale o maledetto nella storia raccontata con una lentezza anomala per il genere ma assolutamente funzionale; solo un interessante viaggio all’interno dell’egocentrismo culturale dominante. Notevolissimo.
Titolo originale | Midsommar |
Regia | Ari Aster |
Sceneggiatura | Ari Aster |
Fotografia | Pawel Pogorzelski |
Montaggio | Lucian Johnston |
Scenografia | Henrik Svensson |
Costumi | Andrea Flesch |
Musica | The Haxan Cloak |
Cast | Florence Pugh, Jack Reynor, Will Poulter, William Jackson Harper, Vilhelm Blomgren, Archie Madekwe, Ellora Torchia, Hampus Hallberg, Bjo, Lars Varingerrn Andrésen |
Produzione | A24, B-Reel Films, Parts and Labor |
Anno | 2019 |
Nazione | USA |
Genere | Horror |
Durata | 140' |
Distribuzione | Eagle Pictures |
Uscita | 25 Luglio 2019 |
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