Versione per il grande schermo della omonima serie televisiva degli anni ’80, prodotta dallo stesso Michael Mann, Miami Vice è un sostanzioso piatto unico per un’ottima abbuffata di cinema di massa di ampia portata. Al massimo ci si può consentire una ciotola di pop-corn come contorno, il tutto servito su comode poltrone e rigorosamente su grande schermo.
Lungi dall’essere scontatamente snob, è da rimarcare l’entusiasmo con il quale Mann accompagna lo spettatore al cuore della spettacolarità del cinema. La trasversalità di gran parte della sua opera è data dalla capacità di riproporre fascinazioni e caratteristiche del cinema degli albori: il pubblico vive, sul piano sensazionale, all’interno del film, è trascinato nella finzione grazie a una regia sempre attenta all’immedesimazione di chi guarda. Lo stesso Mann afferma di aver girato in alta definizione proprio per consentire al pubblico di essere all’interno della scena.
Splendidamente e senza incipit, la pellicola ci catapulta nel bel mezzo di un’azione antidroga in seguito alla quale i due protagonisti, gli agenti Crockett e Tubbs, si troveranno coinvolti in una più larga operazione: infiltrati, sotto copertura, nei più alti vertici del traffico internazionale di polvere bianca. Il volto lucente e allo stesso tempo oscuro di Miami è il tratto costante e riconoscibile riproposto per l’intera durata della pellicola: inquadrature, azioni, grana delle immagini, tutto è finalizzato a un’esperienza visiva di prim’ordine, in cui non mancano sottigliezze estetiche, come quella di porre la camera all’interno di un’automobile bersagliata dai proiettili.
A un livello meramente narrativo Michael Mann appassiona meno. Nonostante la storia sia piuttosto avvincente e regga bene le oltre due ore di durata, in Miami Vice, come in Collateral, il regista cede al ricatto/tentazione della storia d’amore facilmente promessa e, altrettanto facilmente, concessa. Passino grande schermo e poltrone da multisala, passino anche i pop-corn, ma la dark lady che si innamora dell’eroe bello e dannato solo perché deve esserci per far impennare gli incassi, quello è difficilmente sopportabile. Probabilmente infastidisce più che per come è sviluppata (o, piuttosto, per come non lo è) che per il suo stesso esserci “da copione”. Lascia un po’ perplessi il repentino cedere alla passione e al sentimento di Crockett e Isabella, la donna del trafficante (una Gong Li in splendida forma), soprattutto perché la loro storia non ha uno sviluppo, che presuppone un avanzamento narrativo e un climax emotivo, ma semplicemente un’esplosione e, subito dopo, una stasi. I due si uniscono e si “consumano” nel tempo di una stessa sequenza, successivamente il loro rapporto si svela agli altri personaggi, con conseguenze più o meno verosimili. Al di là di questo, la trama è piuttosto intricata e ricca di eventi che si susseguono senza tregua supportati da ottime interpretazioni. Solo non convince completamente il rapporto tra i due protagonisti, che sembra essere connotato attraverso dialoghi un po’ scarni, non riuscendo a ricreare sullo schermo quell’empatia che invece pare fosse stata uno dei punti di forza del lavoro sul set. [federica scarnati]
Titolo originale | id. |
Regia | Michael Mann |
Sceneggiatura | Michael Mann |
Fotografia | Dion Beebe |
Montaggio | William Goldenberg, Paul Rubell |
Scenografia | Victor Kempster |
Costumi | Janty Yates, Michael Kaplan |
Musica | John Murphy |
Cast | Colin Farrell, Jamie Foxx, Gong Li, Naomie Harris, Ciaran Hinds, Justin Theroux, Barry Shabaka Henley, Luis Tosar, John Ortiz |
Produzione | Forward Pass |
Anno | 2006 |
Nazione | USA |
Genere | Thriller |
Durata | 145' |
Distribuzione | UIP |
Uscita | 06 Ottobre 2006 |
Nessun commento