Dove sei finito extraparlamentare di sinistra che insufflavi nelle università, nei licei, nelle pizzerie proletarie. Hai corrotto generazioni che per moda ti hanno seguito nelle tue battaglie di retroguardia. Ora sei diventato direttore di giornale, speculatore di Onlus, hai famiglia, il tempo ti ha cambiato, sei disincantato, cinico. Come eri cinico prima. Ti ricordi? Ti alzavi la mattina e ti inventavi un nemico. E il popolo bue ti seguiva, fosse per ammazzare Calabresi, fosse per difendere il popolo nicaragueno dall’assalto dei Contras. E sai qual è il ridicolo? Che qualcuna delle tue battaglie era giusta. Non che te fregasse niente, ma era giusta. È il paradosso della storia.
“La regola del gioco” il film di Michael Cuesta ci riporta appunto a una di quelle battaglie. I Contras appunto. Erano i tempi di Ronald Reagan quando negli States il grande satana era rappresentato dal comunismo, da combattere in ogni modo e con ogni mezzo e dalla droga, piaga mondiale che uccide i nostri figli. Per impedire che il Nicaragua diventasse una nuova Cuba, vennero supportati con ogni mezzo i Contras, feroci gruppi locali controrivoluzionari. Attraverso la violenza indiscriminata e l’illegalità, lo scopo era riportare nel Paese centramericano la libertà, o più correttamente il suo fantasma. Una sorta di invasione autorizzata, per finanziare la quale si è scoperto come la CIA fosse ricorsa al narcotraffico, infestando le suburre americane di crac attraverso un gigantesco spaccio internazionale. È l’argomento di questo film teso, avvincente, amaro, schematico, privo di sfumature, intenso il cui merito è disseppellire il passato e far emergere quello che a seconda delle interpretazioni è una contraddizione morale, combattere il male con il male o semplicimente una necessità filosofica nota: il fine giustifica i mezzi.
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