Trionfatore a sorpresa dell’ultimo Festival Internazionale de Film di Roma con il Gran Premio della Giuria e Premio del Pubblico, L’uomo che verrà di Giorgio Diritti esce finalmente nelle sale cinematografiche. Una sorpresa che svanisce una volta visionato un film realizzato con pochi soldi, ma con molte idee, talento e coraggio.
Coraggio perché L’uomo che verrà mette in scena una delle pagine più buie della storia italiana di guerra, ovvero quella tristemente nota come la strage di Marzabotto: il 29 settembre del 1944 le SS scatenarono un rastrellamento senza precedenti sul Monte Sole (appennino emiliano, vicino Bologna), portando alla morte di quasi 700 persone, in gran parte donne, vecchi e bambini.
Il film è il frutto di un lavoro lunghissimo di preparazione, durato quasi 6 anni, in cui il regista ha incontrato ed intervistato diversi testimoni e protagonisti di quell’evento storico (partigiani, sopravvissuti, contadini), letto numerosi testi sull’argomento, visionato centinaia di foto del periodo. Il risultato è un film difficile da dimenticare.
Giorgio Diritti (Il vento fa il suo giro) ha lavorato per un certo periodo della sua vita ad Ipotesi Cinema, l’istituto per la formazione di giovani autori fondato e diretto da Ermanno Olmi. Quell’esperienza si è oggi riversata in questa pellicola, scegliendo una modalità di racconto che accarezza la messa in scena documentaristica grazie all’uso frequente della macchina a mano che segue, pedina gli attori; all’utilizzo di attori professionisti insieme a gente presa dalla strada, o meglio sarebbe dire dai monti; all’uso del dialetto per i dialoghi; all’attenzione per i dettagli della vita contadina, il cui mondo non può prescindere da quello descritto dallo stesso Olmi nel suo capolavoro L’albero degli zoccoli. “In fondo – ricorda il regista – la società contadina è rimasta immutata per lungo periodo fino al secondo dopoguerra.”
Dicevamo della strage di Marzabotto. Il film ha il pregio di non costruire l’ennesimo film di guerra, con fascisti da una parte, resistenza dall’altra, tra buoni da una parte, cattivi dall’altra. Il regista inizialmente punta la sua attenzione sulla vita contadina, sulle fatiche dei lavori quotidiani in casa per le donne, nei campi per gli uomini. Lo spettatore è letteralmente calato in questa dimensione tanto da farci dimenticare ben presto il dialetto e tutti gli artifici cinematografici in uso. Ci troviamo a vivere sul Monte Sole insieme a Lena, Beniamina, Martina, Armando e tutti i suoi abitanti.
La guerra inizialmente è lontana. Se ne odono gli echi lontani, i tedeschi arrivano solo per acquistare uova, sale, latte, formaggi. Il regime fascista segna la sua presenza unicamente attraverso leggi che i contadini non capiscono ma subiscono: la legge sulla macellazione del maiale, l’impedimento a vendere il proprio podere.
La vita, sebbene dura, procede placida secondo i ritmi della natura, del raccolto, della semina, mentre una nuova vita si appresta ad affacciarsi in questo mondo sull’orlo della tragedia. Il tutto raccontata attraverso gli occhi di un piccolo narratore, Martina, 8 anni, che da quando ha perso il fratellino ha smesso di parlare. Testimone silenzioso ma cosciente, nonostante la giovane età, della cattiveria umana.
Piano piano, con il passare del tempo, le cose iniziano a cambiare. I tedeschi diventano sempre più aggressivi; la resistenza partigiana reagisce, anche in maniera feroce. I suoni della guerra si fanno sempre più forti, mentre le luci delle deflagrazioni iniziano a illuminare la notte. La tranquilla vita contadina a contatto con la natura viene scossa, sconvolta dall’avvento delle macchine, della guerra, del progresso, del sangue e della morte. L’eccidio di Marzabotto non è altro che la risoluzione finale di tale conflitto.
Un film che resta impresso nella mente dello spettatore per i volti, i suoni, i colori di un racconto asciutto, serrato, privo di moralismo e di luoghi comuni. Un film che racconta ma non indottrina, che non da risposte ma spinge all’approfondimento personale: una vera e propria opera aperta. Un film da vedere e far vedere, consigliare e rivedere, affinchè la memoria non si affievolisca, affinchè dagli errori del passato si possa imparare per il presente ed il futuro. Se doveste scegliere un solo film da vedere al cinema quest’anno, questo film è L’uomo che verrà.
Titolo italiano | L'uomo che verrà |
Regia | Giorgio Diritti |
Sceneggiatura | Giorgio Diritti, Giovanni Galavotti, Tania Pedroni |
Fotografia | Roberto Cimatti |
Montaggio | Giorgio Diritti, Paolo Marzoni |
Scenografia | Giancarlo Basili |
Costumi | Lia Francesca Morandini |
Musica | Marco Biscarini, Daniele Furlati |
Cast | Maya Sansa, Alba Rohrwacher, Claudio Casadio, Greta Zuccheri Montanari, Stefano Bicocchi, Eleonora Mazzoni, Orfeo Orlando, Diego Pagotto, Bernardo Bolognesi, Stefano Croci, Zoello Gilli |
Produzione | Arancia Film, Rai Cinema |
Anno | 2009 |
Nazione | Italia |
Genere | Drammatico |
Durata | 117' |
Distribuzione | Mikado |
Uscita | 22 Gennaio 2010 |
Nessun commento