L’Immortale

Charles Matei, detto Charly, è un gangster dei nostri giorni che nonostante lo status di fuorilegge, si fregia di seguire un codice d’onore rigido ed implacabile: nessun bambino, nessun poliziotto, nessuna donna tra le sue vittime. Un giorno, durante una gita in compagnia del figlio, viene aggredito da una pioggia di fuoco scatenato da semiautomatiche, automatiche e fucili a canna. 22 pallottole vengono accolte nel suo corpo martoriato. Ma contro ogni previsione, miracolosamente sopravvive. Quel giorno, in cui tutto doveva avere fine, ha invece inizio un’implacabile e dolorosa vendetta.

Kad Merad

Jean Reno è Charles Matei, un boss di Marsiglia, che con il suo porto, vicoli e angoli noir colora di forti accenti chiaroscurali la pellicola. Kad Merad, l’irresistibile protagonista di Giù al Nord, è Tony Zacchia, suo ex-socio e amico sin dal loro primo omicidio in giovane età, che apre i giochi di una saga dove “il sangue versato non si asciuga mai”.

Il regista Richard Berry, partendo dal polar francese Anni Settanta, rende omaggio al grande cinema gangsteristico, con echi che vanno da Il padrino di Coppola – i cui colori brillano nei flashback di raccordo e atmosfere circondano i personaggi – a Quei bravi Ragazzi di Scorsese con un esplicita citazione nel massacro finale.

Un film capace di rappresentare i diversi personaggi in gioco, dai gangster rivali ai poliziotti più o meno corrotti e corruttibili, in maniera mai caricaturale, ma con i loro bianchi e neri, vizi e virtù, debolezze e punti di forza. Godibile, avvincente nelle interpretazioni con una linea rossa fatta di dolore e sofferenza che lo attraversa dall’inizio alla fine. Lo spargimento di sangue non si asciuga e lascia macchie indelebili nei cuori e nelle menti dei suoi protagonisti. Indistintamente.