L’inizio del film di Gabriele Muccino “L’estate addosso” è agghiacciante. La voce di uno dei protagonisti narra le premesse della storia che andremo a vedere. Ma invece di essere una voce non dico aggressiva e incisiva come in Trainspotting o che so almeno accattivante come in Fight Club. O se nemmeno accattivante che sia corretta, pulita, adatta a introdurre una storia di ragazzi, amore e malinconia, invece sentiamo un romanesco infantile con quel tipico strascicamento delle vocali cosi fastidioso e innaturale, da smontare qualunque pretesa di trasporto emotivo o quantomeno di credibilità. La solita mafietta romana che invade ormai tutto il cinema, le fiction televisive e in generale tutto ciò che è ripresa in movimento.
Poi però andando avanti avviene il miracolo. I ragazzi si spostano in America a San Francisco e per esigenze di sceneggiatura lo stesso protagonista si ritrova a dover parlare inglese. Beh, da quel momento, oltre a dimostrarsi padrone della lingua, comincia a recitare bene, meglio, diventa credibile anche nelle più piccole sfumature emotive e il film, un film piccolo, leggerissimo, ben girato, decolla e diventa piacevole da gustare come un ghiacciolo al limone in un giorno d’agosto.
Riassumendo il ragazzo – tale Brando Pacitto evidentemente di buona famiglia – ha studiato bene l’inglese e in quella lingua dà il meglio di sé davanti alla cinepresa.
Ora per crescere, deve prendere lezioni d’italiano.
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