Rispetto delle culture diverse. Non c’è niente di più violento di questo concetto da salotto. Se le rispetti vai incontro a un destino di sofferenza fisica, morale e di morte. E’ il succo del delicatissimo “Cosa dirà la gente“, storia dell’odissea di una ragazza norvegese di origini pachistane costretta a confrontarsi con la cultura della propria famiglia. La bravura della regista risiede nel tono del film: diretto, sobrio, privo di enfasi, uno stile che ricorda l’Éric Rohmer delle “Commedie e i Proverbi”. Un tocco leggero che rende, per contrasto ancora più potente e significativo il racconto delle le vicende di questa ragazza segregata, umiliata, a cui cercano di rubare la giovinezza prima e la vita dopo.
E pone di fronte a tutti la reversibilità del concetto di bene e male. Il padre che picchia la figlia, che la spinge a buttarsi dalla montagna perché ha offeso il nome della famiglia, agisce, secondo la propria cultura nel bene e nel nome di Dio.
Rispetto delle culture diverse. Non c’è niente di più violento di questo concetto da salotto.
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