Una storia d’amore, di coraggio, abnegazione, resistenza e soprattutto sopravivenza.
Il più grande spettacolo, quella della vita e della sua generazione viene messo in scena in questo docu-fiction, film campione di incassi che sbarca in Italia con un seguito di lodi ed incassi record in tutto il mondo.
Recuperando in parte la grande tradizione del documentarismo inglese della National Geographic, costruendoci intorno una storia, Luc Jacquet un passato da biologo ed un presente da documentarista tiene molto a sottolineare il carattere narrativo della sua opera, La Marcia dei Pinguini ci trasporta in uno dei posti più inospitali del nostro globo, l’Antartico, in cui l’unica presenza dell’uomo è testimoniata dalla base scientifica francese Dumont d’Urville che ha ospitato la troupe durante i 13 mesi di lavorazione della pellicola in condizioni proibitive a 40° sotto lo zero e venti che soffiano a 150-200 Km/h.
Tale inferno bianco per l’uomo è invece il paradiso per il Pinguino Imperatore, un animale dall’aspetto tanto elegante quanto goffo nei movimenti.
Jacquet ci racconta l’avventuroso viaggio che la colonia di pinguini dell’Antartico compie ogni hanno verso il paddock per potersi riprodursi e assicurare la sopravivenza della specie. Un viaggio fatto di centinaia di km nel deserto bianco, tra pericoli imminenti e sacrifici. Un’avventura condita da immagini mozzafiato, da musiche suggestive della giovane cantante Emilie Simon e da un commento a volte sopra le righe ed invadente del doppiatore italiano Fiorello, fatta di canti d’amore nel corteggiamento tra pinguini maschi e femmine, di viaggi a ritroso delle femmine in cerca di cibo, di cura paziente dell’uovo da parte dei maschi, di teneri vocalismi dei giovani pinguini protetti dai gelidi venti dal calore del corpo dei genitori. Una storia che racconta il grande miracolo della vita senza negarci immagini di morte come l’attacco da parte di leoni marini e skua antartici ai danni di adulti e piccoli pinguini.
Una pellicola che vive su grandi contrasti tematici come la vita e la morte, il caldo ed il freddo e cromatici come il bianco del ghiaccio e del ventre dei pinguini assimilabile alla vita ed il nero del dorso assimilabile al dolore, alla sofferenza in quanto significa allontanamento dei genitori dal branco e dai piccoli che così imparano sin da subito il diritto-dovere dell’indipendenza se non la morte come l’oscurità delle profondità marine in cui si nascondono i predatori più feroci di questa specie.
Ma la vita come sempre vince sulla morte, come il bianco vince sul nero e quando le uovo si schiudono e la vita si impone sulle avversità rimaniamo strabiliati da quanto questi animali che apparentemente sembrano così lontani da noi, assumino atteggiamenti antropomorfi, che nulla hanno di artefatto o indotto, e che ci avvicinano se non fisicamente sicuramente dal punto di vista psicologico a questa curiosa specie. Da far vedere ai grandi per ritrovare un’umanità archetipica forse tropo spesso dimenticata ed ai piccini per riscoprire la meraviglia del cinema e di un mondo colpevolmente sconosciuto.
Titolo originale | La Marche de l'Empereurn |
Regia | Luc Jacquet |
Sceneggiatura | Luc Jacquet |
Fotografia | Laurent Chalet, Jerome Maison |
Montaggio | Sabine Emiliani |
Musica | Emilie Simon |
Anno | 2004 |
Nazione | Francia |
Genere | Documentario |
Durata | 80' |
Distribuzione | Lucky Red |
Uscita | 18 Novembre 2005 |
Nessun commento