A distanza di ben otto anni dalla sua prima apparizione sul grande schermo, ritroviamo il quantomai improbabile agente segreto Johnny English (Rowan Atkinson) isolato in un convento buddista a cercare di trovare la forza interiore dentro di sè. Quando un’emergenza obbliga Pegasus (Gillian Anderson), implacabile direttrice dell’MI7 a chiedere i servigi del nostro eroe per sventare un attentato al premier cinese, si innescherà una catena di eventi, che sposteranno l’azione da Hong Kong alla Svizzera e sveleranno l’esistenza del Vortex, una associazione segreta che punta a sovvertire i poteri dell’MI7 dal suo interno. Solo Johnny English con l’aiuto di un’affascinante psicologa (la Rosamund Pyke che fu davvero una Bond Girl in “007- La morte può attendere”) potrà sperare di venire a capo di un simile caos.
Esiste un soggetto cinematografico più celebre e allo stesso tempo più suscettibile di parodia dell’affascinante 007 al servizio di Sua Maestà, sempre elegante, implacabilmente a segno con donne bellissime e con l’accessorio ipertecnologico da usare al momento giusto nella tasca interna dello smoking? Un fil rouge che congiunge Lando Buzzanca a Leslie Nielsen ci dice di no, così come gli incassi sorprendenti che hanno accompagnato il primo capitolo di questa serie.
Rispetto a otto anni fa, questa volta si è puntato molto di più sull’intreccio, costruendo una spy story con tutti i tradizionali capisaldi: la ricerca della mela marcia dell’organizzazione e la lotta per il possesso di un oggetto (una chiave in questo caso) che veicola il potere. Le gag accompagnano le vicende ma non fiaccano mai il ritmo, che sembra essere la priorità dell’affidabile Oliver Parker. Se la gente andrà al cinema però, sarà per ridere alle espressioni di Atkinson e alle sue scriteriate azioni, che marcano tutta la pellicola e che in qualche rara occasione sono davvero irresistibili, rendendolo mattatore assoluto e offuscando suo malgrado il resto del cast. Come i grandi comici, il fu Mister Bean può permettersi il lusso di lavorare in economia, giocando su pochi secondi di primo piano stretto o entrando in scena semplicemente con i pantaloni infilati al contrario, centrando l’obiettivo senza doversi profondere in smorfiette, rumorini o altri ridondanti trucchi del mestiere.
Nell’epoca delle parodie volgari, seriali e spesso noiose, un film ben realizzato che non aggiunge nulla, ma che puntando ad una comicità immediata e semplice può strappare sorrisi agli adulti così come ai più piccoli, non può essere trattato con troppa sufficienza, ma forse accolto come un segnale positivo, in particolare per il grande pubblico.
Titolo originale | Johnny English Reborn |
Regia | Oliver Parker |
Sceneggiatura | Hamish McColl |
Fotografia | Danny Cohen |
Montaggio | Guy Bensley |
Scenografia | Jim Clay |
Costumi | Beatrix Pasztor |
Musica | Ilan Eshkeri |
Cast | Rowan Atkinson, Gillian Anderson, Dominic West, Rosamund Pike |
Produzione | Working Title, StudioCanal, Relativity Media |
Anno | 2011 |
Nazione | UK |
Genere | Comico |
Durata | 101' |
Distribuzione | Universal Pictures |
Uscita | 28 Ottobre 2011 |
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