Bob Dylan non ha mai voluto che la sua vita divenisse film. Non ha mai dato l’ok ai biopic che gli venivano proposti. Ha detto sì solo a quel geniaccio di Todd Haynes che non realizza un ritratto convenzionale dell’artista ma una sorta di puzzle impazzito, una biografia corale in cui le mille sfaccettature del cantante rivivono nelle facce di sei personaggi, ognuno dei quali incarna un diverso aspetto della sua vita privata e musicale. E così Dylan è un ragazzino di colore che fugge per gli States con la sua chitarra in cerca di consacrazione ma è anche un attore di grande fama in crisi con la moglie e con se stesso. Ma Dylan è anche una controversa rock star androgina in balia del successo e della droga e poi ancora un folk singer degli anni Sessanta che oggi si è fatto pastore evangelico. Ma Dylan è anche Rimbaud ed è anche Billy the Kid…
Un film sulla vita di Bob Dylan certo. Forse molto di più. Da folksinger emergente alla consacrazione dei primi anni 60, dalla controversa conversione al rock all’incidente in moto e al successivo ritiro a vita privata fino al suo attuale impegno sui concerti del Never Ending Tour. Il tutto senza una linearità spazio-temporale. Quasi come in un romanzo di Philip K. Dick, attraverso la sovrapposizione di mondi paralleli. Woody, Arthur, Robbie, Jack, Jude, Billy. Un mostro a sei facce. Il piccolo Woody finisce le sue peregrinazioni nella sala di ospedale in cui è ricoverato morente Woody Guthrie, cantautore folk che ha molto influenzato Dylan. Arthur è Rimbaud, poeta maledetto francese che avuto grande importanza nel periodo R&B e blues di Dylan. Robbie è l’attore che tradisce la moglie che poi opterà per il divorzio e rappresenta la parte più privata della vita di Dylan. Jack è il cantante folk che diventa poi predicatore, un po’come è diventato lo stesso Dylan. Jude è un cantante folk convertito alla chitarra elettrica che adesso si scontra con l’astio dei fans che hanno visto nella sua conversione un tradimento, stesso percorso intrapreso da Dylan. Billy the kid è riuscito a fuggire ma è ormai invecchiato e solo proprio come il Dylan di oggi.
Complesso, ermetico, suggestivo. Todd Haynes come Fellini in 8 e mezzo. Prova di regia formidabile con voci fuori campo, bianco e nero, colori, sguardi in macchina, sequenze oniriche, deliranti allucinazioni, filmati di repertorio. Corposo caos emotivo. Intrigante coacervo di mondi sublimi. Un gioco spregiudicato e frastornante in cui la coerenza emotiva sovrasta la logica narrativa senza per questo togliere pathos alla verità fondante della storia. Opera matura di un cantastorie sopraffino. Non per tutti. Snobisticamente oligarchico. [marco catola]
Titolo originale | I'm Not There |
Regia | Todd Haynes |
Sceneggiatura | Todd Haynes, Oren Moverman |
Fotografia | Edward Lachman |
Montaggio | Jay Rabinowitz |
Scenografia | Judy Becker |
Costumi | John A. Dunn |
Musica | Bob Dylan |
Cast | Christian Bale, Cate Blanchett, Richard Gere, Marcus Carl Franklin, Heath Ledger, Ben Whishaw |
Produzione | Killer Films, John Wells Productions, John Goldwyn Productions, Endgame Entertainment, Film & Entertainment VIP Medienfonds 4 GmbH & Co. KG (I), Wells Productions |
Anno | 2007 |
Nazione | USA |
Genere | Drammatico |
Durata | 135' |
Distribuzione | BiM Distribuzione |
Uscita | 07 Settembre 2007 |
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