La crisi e la concorrenza cinese fanno chiudere i battenti ad un’industria tessile del Salento dei giorni nostri: questo significa che la famiglia che la gestisce si ritrova a dover vendere la casa in cui vive per trasferirsi nella masseria di proprietà. In seguito alla partenza per la Svizzera in cerca di fortuna dell’unico figlio maschio, si ritrovano così quattro donne di tre generazioni (nonna, due figlie e nipote) a dover affrontare ex abrupto la vita di campagna. Superato lo schock iniziale, un diverso ritmo e stile di vita, la possibilità di vivere dei prodotti della propria terra e il poterli barattare con tutti gli altri beni di prima necessità, offriranno una nuova opportunità a tutte le protagoniste restituendo per ciascuna anche un nuovo senso della propria esistenza.
L’ennesima dichiarazione d’amore del pugliese adottivo Edoardo Winspeare nei confronti della Puglia (“Sangue vivo” e “Il miracolo” tra gli altri), coincide da una parte con il consolidamento del suo tocco artistico e della sua non comune capacità di raccontare e dall’altra con un allargamento dei temi trattati. L’ampio spettro generazionale delle quattro donne permette al regista di affrontare il tema della crisi e della rinascita da più punti di vista che si portano dietro altri sotto-temi. Se nel tratteggiare la capofamiglia (Celeste Casciaro) combattuta dalle responsabilità schiaccianti e da un altrettanto insopprimibile bisogno di leggerezza e della nonna innamorata spesso emerge una sensibilità e una poesia che rimandano ai momenti migliori della sua cinematografia, nel trattare le vicende delle due donne più giovani (con corollario di violenza e gravidanza indesiderata) prevale la sensazione che ci sia qualcosa di troppo e che si sia allargato eccessivamente l’orizzonte perdendo di vista gli argomenti principali.
Fatte salve queste piccole imperfezioni, la confezione del cinema di Winspeare è il suo vero punto di forza: un’attenzione ai paesaggi e ai colori che raccontano il Meridione di oggi senza essere uguali a nessun altro film italiano (forse l’unico parallelo potrebbe essere nella Sicilia di Crialese), come la scelta di far recitare solo attori non professionisti portano una vera e propria ventata di freschezza e di novità. Tutto il cast in effetti merita un plauso per la sua credibilità e spesso notevole espressività, soprattutto nell’anziana coppia (che è unita anche nella realtà) e nelle facce di contorno, paradossali ma essenziali a rendere la cornice davvero reale.
Non sarebbe certamente azzardato né tanto meno originale immaginare che il cinema italiano debba ripensarsi cercando di proporre al proprio pubblico qualcosa di più vicino alla realtà e allo stesso tempo più distante da ciò che propina la grande distribuzione cinematografica e televisiva. Questo film ha il merito di ridare voce e forza a paesaggi, persone e situazioni che altrove non ci aspetteremmo di trovare, proponendo un nuovo e più naturale approccio alla vita e al lavoro che porta con sé un’ altrettanto coerente scelta estetica.
Titolo italiano | In grazia di Dio |
Regia | Edoardo Winspeare |
Sceneggiatura | Edoardo Winspeare, Alessandro Valenti |
Fotografia | Michele D'Attanasio |
Montaggio | Andrea Facchini |
Scenografia | Sabrina Balestra |
Costumi | Alessandra Polimeno |
Musica | Gabriele Rampino |
Cast | Celeste Casciaro, Laura Licchetta, Gustavo Caputo, Anna Boccadamo |
Produzione | Saietta Film, Rai Cinema |
Anno | 2013 |
Nazione | Italia |
Genere | Drammatico |
Durata | 123' |
Distribuzione | Good Films |
Uscita | 27 Marzo 2014 |
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