Il ritorno di Mary Poppins

La locandina

Deve essere subito chiaro allo spettatore che il film in questione non è un rifacimento: è il sequel del classico Mary Poppins del 1964, nonché l’adattamento cinematografico del libro del 1935 “Mary Poppins ritorna”, scritto da P. L. Travers. Precisato questo, si può parlare di un prodotto ben fatto, curato nei minimi particolari e con una Emily Blunt nei panni di Mary Poppins dignitosissima, con il suo sguardo birichino e insieme serioso e irreprensibile, pronto a risolvere qualsiasi emergenza familiare.

Siamo nel 1930 a Londra, nel pieno della Grande Depressione. Michael Banks (Ben Whishaw) è ormai un uomo adulto, vedovo con tre figli Annabel, John e Georgie che vive sempre al numero 17 di Viale dei Ciliegi, ma sono tempi duri e pesa su tutti la difficoltà economica. Quando il neo direttore della Banca di Credito, Risparmio e Sicurtà di Londra Wilkins (Colin Firth, tutto sommato credibile in un ruolo da cattivo) cerca di pignorargli casa per dei mancati pagamenti, arriva spinga dal vento e guidata da un aquilone Mary Poppins (la postura dei piedi richiama e cita immediatamente quella di Julie Andrews) e la vita dei protagonisti si trasforma in un colorato musical.

Piacevole e forse un po’ troppo lungo, “Il ritorno di Mary Poppins” avvolge per le immagini divertenti, tra tuffi in vasche da bagno animate da delfini e galeoni e vasi di ceramica che si animano (i costumi ideati da Sandy Powell probabilmente qui raggiungono la perfezione) e sfrenate coreografie tra le nebbiose strade di Londra al fianco del lampionaio ballerino e canterino (Lin-Manuel Miranda). Sono assolutamente da non perdere i cameo di  Meryl Streep nei panni della pazza Topsy cugina alla lontana della governante Poppins e la venditrice di palloncini Angela Lansbury. Nulla a che vedere con il primo “Mary Poppins”, ma si lascia godere fino alla fine. Chissà se diventerà un classico televisivo delle feste, come lo è da sempre la versione di Julie Andrews.