Betta (Valeria Golino:”Docile, affettuosa ed al contempo remissiva; in cerca dell’armonia continua, un pregio/difetto che la rende amabile e incompiuta”) è sposata con Sandro professore universitario di letteratura italiana (Luigi Lo Cascio: “persona distratta, concentrata su di se, chiuso in un’attività compulsiva come il twittare”); ha un fratello Paolo, agente immobiliare (Alessandro Gassmann: “personaggio che rispecchia una fetta ampia del nostro Paese, quella che mi fa più paura”), sposato con Simona, scrittrice di romanzi di poco conto ma di grande successo (Micaela Ramazzotti: “personaggio stratificato: sciocca, puerile, tosta e dotata di inaspettato talento ed intelligenza“). Li accomuna l’amico di infanzia Claudio, musicista dandy che si arrabatta in imprese quasi “disperate” come la versione jazz dei successi del Califfo (Rocco Papaleo: “personaggio doppio, triplo, ambiguo; un’occasione per stare in bilico, posizione che mi intriga parecchio”). Si ritrovano a casa di Betta e Sandro per una cena in cui la scelta del nome del futuro figlio di Paolo e Simona sarà solo la prima delle tante sorprese a cui i cinque andranno incontro.
Tratto dalla commedia teatrale “Le prénom” di Alexandre De la Atellière e Matthie Delaporte, e dalla pellicola Cena tra amici, gli sceneggiatori Francesco Piccolo e Francesca Archibugi (che torna dietro la macchina da presa dopo Questione di cuore, 2008) hanno pensato di riprendere gli eventi della storia per costruirci sopra personaggi nuovi, che ben rappresentassero il recente passato, e la contemporaneità del nostro paese. “Quando abbiamo visto Cena tra amici non abbiamo visto solo il film francese – racconta Francesco Piccolo – ma anche delle migrazioni possibili in una situazione che ci poteva riguardare. E’ come se l’avessimo usato come uno strumento, un mezzo di trasporto per andare dove ci interessava andare: parlare di noi, del nostro Paese, di questa divisione che lo ha attraversato con più chiarezza negli ultimi venti anni, ma iniziato almeno cinquanta anni fa.”
Così nasce Il nome del figlio, prodotto da Paolo Virzi, in uscita con 280 copie il 22 gennaio. Il film ha una costruzione quasi musicale, con un ensemble di cinque voci su una partitura rigidamente orchestrata da Piccolo e Archibugi, sulla quale ognuno degli attori ha contribuito a costruire e sviluppare. Un’orchestrazione che lascia spazio a cinque momenti di assolo, in cui ogni personaggio viene fuori con maggior intensità ed in cui ogni attore ha potuto dar sfogo al proprio talento. “L’improvvisazione é quella folata di vento che entra dalla porta lasciata aperta come suggerisce Jean Renoir – ricorda l’Archibugi – ma se non hai fatto prima un lavoro pignolo e meticoloso, spessa resta velleitario.”
Un film di personaggi, a cui l’Archibugi ha voluto dare forza cinematografica, cercando di raccontare il più possibile per immagini l’infanzia dei personaggi.
Lo fa attraverso l’uso ricorrente di flashback che ci portano nella Versilia del 1979, quando la Villa della ricca famiglia ebrea dei Pontecorvo era il buen retiro di una certa sinistra radical-chic che portava avanti la lotta di classe attraverso cene, giochi in giardino, momenti di relax e riflessione comune.
Ed è proprio in questa parte che risiede la debolezza del film. Fino a quando ci si attiene a grandi linee allo spunto ispiratore, la commedia funziona. Le situazioni messe in campo sono esilaranti ed i cinque attori protagonisti funzionano a meraviglia sia singolarmente che nella reciproca interazione. I dolori avvengono quando riemerge prepotente il cinema dell’Archibugi, fatto di adolescenti problematici ed in perenne conflitto con il mondo adulto. Illustra, racconta per immagini ciò che nella commedia era accennato, lasciato intuire dallo spettatore che si sentiva così chiamato in causa, partecipe. Qui si punta invece a spiegare tutto, a porre lo spettatore in uno stato di passività, col risultato di rompere il ritmo brillante della commedia, creando vuoti informativi che non vengono in alcun modo riempiti.
Tra luci ed ombre, risate e piccoli pensieri, Il nome del figlio viaggia in bilico tra teatro e cinema, con un prepotente finale di vita reale nella sequenza del parto, girato dalla stessa regista in occasione della nascita della piccola Anna Virzì, figlia di Micaela Ramazzotti e Paolo Virzì, per la prima volta sullo schermo alla stupefacente età di 1 minuto. Un vero record.
Regia | Francesca Archibugi |
Sceneggiatura | Francesca Archibugi, Francesco Piccolo |
Fotografia | Fabio Cianchetti |
Montaggio | Esmeralda Calabria |
Scenografia | Sandro Vannucci |
Costumi | Alessandro Lai |
Musica | Battista Lena |
Cast | Alessandro Gassmann, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo, Micaela Ramazzotti |
Produzione | Indiana Production, Lucky Red, Motorino Amaranto, Rai Cinema, Sky |
Anno | 2015 |
Nazione | Italia |
Genere | Commedia |
Durata | 94' |
Distribuzione | Lucky Red |
Uscita | 22 Gennaio 2015 |
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