Giacomo è un bambino di straordinaria intelligenza che cresce nella casa-biblioteca-prigione di Recanati assieme ai fratelli Carlo e Paolina. Il rapporto difficile con il padre Monaldo, quello assente con la madre Adelaide, insofferente alle ristrettezze di un ambiente così retrivo con l’unica valvola di sfogo la corrispondenza con l’amico letterario Pietro Giordani, sono tutti elementi che spingono il giovane Leopardi sempre più lontano dalla città natale, intellettualmene prima ancora che fisicamente.
Stretto in un corpo sin troppo gracile e malato per le proprie ambizioni, turbato dalla morte della giovane Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di famiglia (a cui dedicherà in seguito la poesia A Silvia) a 24 anni lascia Recanati per recarsi a Firenze dove conosce Antonio Ranieri, nobile decaduto napoletano, che diverrà suo fraterno amico col quale condividere alloggio, salotti e l’amore con la giovane aristocratica Fanny Targioni Tozzetti. Per mantenersi, pubblica poesie e prose con alterne fortune (“a ricordo di Leopardi rimarrà solo la sua gobba” lo schermivano nei circoli letterari i suoi detrattori), fino al trasferimento a Napoli causa ristrettezze economiche dove tra epidemie di colera ed eruzioni del Vesuvio, sempre più sofferente nel corpo e nella mente terminerà i propri giorni.
Il regista napoletano Mario Martone porta sullo schermo il poeta Giacomo Leopardi, in un film fiume presentato all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Lo fa attraverso un biopic che intreccia e contestualizza la vita quotidiana del poeta con quella artistica, in un continua gioco di opposti che vede da una parte la mente attiva ed eccellente del poeta a cui contrasta una sofferenza fisica sempre più accentuata, evidenziata da un corpo deforme che si piega sempre più su se stesso come un albero che sottoposto a feroci colpi di vento preferisce piegarsi per non spezzarsi. Ed è proprio questo contrasto tra brama di vita e conoscenza e impedimenti fisici (il corpo malato) e psicologici (l’ambito familiare) il perno centrale intorno al quale nasce, cresce e si sviluppa la pellicola.
Pieno di volti interessanti del cinema italiano, Il giovane favoloso ha la sua ragione d’essere principalmente nell’interpretazione ‘monstre’ di Elio Germano, che dimostra ancora una volta se ce ne fosse stato bisogno di essere uno dei nostri migliori interpreti, con una duttilità pari a mostri del passato come Vittorio Gassman o del cinema hollywoodiano come Dustin Hoffman e Robert De Niro, prima che invecchiassero… male.
Il film non si nega lunghi momenti di assoluta pesantezza, quando il regista mette in scena l’opera di Leopardi attraverso monologhi che ripercorrono alcune delle sue opere più note, che costituiscono un vero e proprio pit-stop narrativo sin troppo reiterato ed insistito. Questo fa si che il film proceda tanto lentamente quanto inesorabilmente verso il suo obiettivo, noncurante di orpellismi che riempiono visivamente e contenutisticamente l’opera, non aggiungendo però molto alla significanza filmica.
Titolo originale | id. |
Regia | Mario Martone |
Sceneggiatura | Mario Martone, Ippolita Di Majo |
Fotografia | Renato Berta |
Montaggio | Jacopo Quadri |
Scenografia | Giancarlo Muselli |
Costumi | Ursula Patzak |
Musica | Sascha Ring |
Cast | Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco, Paolo Graziosi, Iaia Forte, Sandro Lombardi, Raffaella Giordano, Edoardo Natoli, Isabella Ragonese, Federica De Cola |
Produzione | Palomar, Rai Cinema |
Anno | 2014 |
Nazione | Italia |
Genere | Drammatico |
Durata | 137' |
Distribuzione | 01 Distribuzione |
Uscita | 16 Ottobre 2014 |
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