L’Intelligenza Artificiale nelle sembianze di una bella ragazza, mezza donna e mezza robot, propone a un maschio americano mezzo nerd e mezzo belloccio una sorta di gioco della verità: deve rispondere a una serie di domande a cui non può mentire perché lei è programmata per accorgersene.
AI «Qual è il tuo colore preferito?».
N. «Rosso».
AI «Falso».
N. «Ma, da bambino io…».
AI «Ho detto falso».
N. «È vero, scusa, hai ragione. Sono risposte che si danno sino a sei anni. Poi non hanno più senso».
È il cuore filosofico del film “Ex Machina”, un giallo elegante sull’eterno conflitto tra uomo e robot diretto da Alex Garland.
Ci comportiamo come bambini e le macchine, i computer da noi creati, avranno presto il sopravvento. La civiltà dei consumi ci ha catapultati in un mondo in cui si sopravvive se si stilano classifiche: «Preferisci gli spaghetti o il risotto? Bob Dylan o Michael Jackson? Sorrentino o Garrone? Il blu o il verde?». Dobbiamo affermare il proprio IO con l’appartenenza, come i bambini abbiamo bisogno non di amore ma di attenzione, non di un dio ma dell’oroscopo, non del prodotto ma del consumo, non dell’arte ma della semplicità.
Che senso ha dire preferisco il colore rosso? E il verde delle foreste? E il blu dell’oceano? Il viola dell’ametista? Il bianco della neve? Il nero della morte? Tutti i colori sono spettacolari o orribili, bisogna capirli, viverli abbandondo il proprio ego immaturo per essere in grado di assorbire la loro essenza senza filtri.
Altrimenti ci comportiamo come bambini: ingenui, teneri, auto referenziali, indifesi.
Facili prede di androidi assatanati di vita vera.
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