How to Die in Oregon

Crudo ed allo stesso tempo emozionante, con facce stravolte degli spettatori all’uscita della proiezione.

Trattansi di un documentario che annullando la linea di protezione della fiction, racconta storie di uomini e donne che hanno deciso di morire con il supporto di una legge dello stato americano; l’Oregon, dove dal 1994 un referundum popolare ha ammesso a vittime di malattie incurabili la possibilità del suicidio assistito, o come viene legalmente definito: la morte con dignità.

Lo diciamo subito: non è un film a favore dell’eutanasia, un manifesto ortodosso di una posizione discussa e discutibile. E’ invece un racconto delicato e spesso commuovente di persone che nel pieno delle loro facoltà mentali ritengono che la vita che conducono non sia più da ritenersi “dignitosa e degna di essere vissuta”.

Il regista Peter Richardson entra con timidezza, senza alcuna spettacolarizzazione ma incondizionata capacità di ascolto, nella quotidianità più intima di alcuni pazienti attraverso le parole e la condivisone di una quotidianità a volte divertente, spesso drammatica dei protagonisti, dei medici che li seguono, dei familiari “condannati” ad assecondare il desiderio del loro congiunto.

Un film che colpisce alla bocca dello stomaco, che fa riflettere e discutere, che commuove ed angoscia, che ci mostra persone non deboli che rinunciano a lottare davanti al dolore, ma coraggiose nell’affrontarlo fino a quando la battaglia non si manifesta inesorabilmente perduta. Persone non da giudicare, ma solo rispettare, in silenzio.