Durante l’inverno del 1820, la baleniera Essex, partita dal New England, vide il suo viaggio interrompersi a causa dell’attacco da parte di una creatura incredibile: una balena dalle dimensioni e dalla forza mastodontiche, guidata da un senso di vendetta ai limiti dell’umano.
Dal disastro, avvenuto realmente, Herman Melville avrebbe mosso i primi passi nella stesura del suo capolavoro, Moby Dick. Ma l’autore descrisse solo una parte della storia: i superstiti dell’equipaggio della baleniera vennero portati oltre il proprio limite, costretti all’impensabile con il solo scopo della sopravvivenza.
Tempeste, fame, panico e disperazione spinsero gli uomini a rinunciare alle loro convinzioni più ferme; tutto avviene mentre il giovane capitano tentava di riprendere la via per il mare e il primo ufficiale cercava di sconfiggere la balena.
Ron Howard dimostra una singolare predilezione per la narrazione di storie drammatiche senza fondamentali alterazioni romanzesche rispetto al reale svolgersi dei fatti, caratteristica che lo portato in passato a confezionare degli ottimi prodotti (vedi Apollo 13, A Beautiful Mind e il recente Rush) in cui la qualità della ricostruzione d’ambiente, la sapiente tenuta ritmica e la bravura degli interpreti riuscivano a fornire solidità drammatica e suspense a storie altrimenti note dalla cronaca. Su questo stesso filone si inserisce la sua ultima opera, basata sul bestseller di Nathaniel Philbrick In the Heart of the Sea: The tragedy of the whaleship Essex, narrazione dell’incredibile (ma vera) storia della sfortunata baleniera Essex di Nantucket e del suo disgraziato equipaggio. I presupposti sembrano esserci tutti: il dramma umano dei naufraghi, il contrasto umano tra i due protagonisti (il capitano e il primo ufficiale), la navigazione in mari tempestosi, la lotta suprema con l’immane mostro marino. Purtroppo, il risultato convince solo a metà; alla fattura come sempre di alto livello non corrisponde uno sviluppo dei temi capace di far superare allo spettatore la barriera documentaristica della narrazione del fatto storico e a farlo immergere nell’epopea.
Innanzitutto, la storia in sé, tolta la variante dell’affondamento da parte della balena bianca, è troppo simile alle innumerevoli storie di naufragio e abbandono già viste al cinema, dalla classica ambientazione marittima fino alle più recenti interpretazioni spaziali. Di fatto, larga parte del film è occupata dalla disperata lotta per sopravvivere dei naufraghi, che però risulta sostanzialmente fatta di resistenza al deperimento fisico (realmente e stoicamente sopportato dai protagonisti, letteralmente scheletrici alla fine delle riprese) e quindi incapace di sostenere a lungo l’attenzione dello spettatore, se non a sprazzi (guarda caso all’apparire della balena…). Le altre componenti narrative (la navigazione, la tempesta) sono molto ben realizzate ma di nuovo ormai trite (erano già consunte ai tempi di Master & Commander). La parte migliore consiste nella sontuosa realizzazione delle scene di caccia alla balena, dove le moderne tecniche di animazione consentono effetti realmente impressionanti, soprattutto nella versione 3D. Ma, come detto, queste sono solo una parte, neanche molto importante, della storia.
Il dramma presupponeva poi un importante ruolo connesso al contrasto tra i due protagonisti, il giovane capitano messo lì per “diritto di nascita” e l’esperto primo ufficiale deprivato del comando promessogli per favorire il rampollo di turno. I prevedibili contrasti tra i due sono accennati immediatamente e fatti esplodere durante la tempesta, ma poi si perdono per strada, lasciati sullo sfondo fino ad una riconciliazione finale molto hollywoodiana ma priva di un sostegno evolutivo dal punto di vista psicologico, al di là del comprensibile comune soffrire durante il naufragio.
Dulcis in fundo, la Balena. Grande, enorme, maiuscola in tutto; un vero leviatano, imponente e incomprensibile, magnificamente ricostruito e inspiegabilmente aggressivo. E’ sicuramente il pezzo forte del film, quando compare si sta con il fiato sospeso e se ne ammira la fantastica resa visiva; ma non riesce mai a trasmettere quella mescolanza di orrore antico e fascinazione ideale che Melville ha trasfuso nel suo capolavoro. Probabilmente le manca un vero corrispettivo, che in Moby Dick è la furente, straziata e ossessionata figura di Achab; qui, il capitano è un imberbe slavato incerto e pauroso, il primo ufficiale un “family man” con il solo desiderio di fare una modesta fortuna, ambedue incapaci di fronteggiare la minaccia furibonda del grande capodoglio. La balena diventa in definitiva la vera protagonista della storia, oscurando con la sua mole le controparti umane; e ci richiama alla sua posteriore leggenda ed epopea, in cui ci piacerà immergerci nuovamente dopo questo film.
Titolo italiano | Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick |
Titolo originale | In the Heart of the Sea |
Regia | Ron Howard |
Sceneggiatura | Charles Leavitt |
Fotografia | Anthony Dod Mantle |
Montaggio | Daniel P. Hanley, Mike Hill |
Scenografia | Mark Tildesley |
Costumi | Julian Day |
Musica | Roque Baños |
Cast | Chris Hemsworth, Benjamin Walker, Cillian Murphy, Tom Holland, Brendan Gleeson, Ben Whishaw, Michelle Fairley, Paul Anderson, Charlotte Riley, Jordi Mollà, Jamie Sives, Donald Sumpter |
Produzione | Warner Bros., Imagine Entertainment, Village Roadshow Pictures, Cott Productions, Enelmar Productions, A.I.E., K. JAM Media, Roth Films, Spring Creek Productions, Sur-Film |
Anno | 2015 |
Nazione | USA |
Genere | Avventura |
Durata | 121' |
Distribuzione | Warner Bros |
Uscita | 03 Dicembre 2015 |
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