Prima di Elvis, di Elton John, di Madonna, Bowie e Lady Gaga, c’è stato Liberace: pianista virtuoso, intrattenitore stravagante e figura appariscente sia sul palcoscenico che in televisione. Primo vero performer famoso in tutto il mondo, con il suo stile ha affascinato un pubblico sterminato per tutti i 40 anni di carriera. Wladziu Valentino Liberace (il nome all’anagrafe del musicista nato in America da padre italiano e madre polacca) ha rappresentato in scena come nella vita privata tutto l’eccesso, il glamour e il kitsch che solo un entertainer totale come lui poteva permettersi negli anni Cinquanta e Sessanta.
Nell’estate del 1977 Liberace conosce il giovane e affascinante Scott Thorson e, nonostante la differenza di età e l’appartenenza a mondi decisamente lontani, i due saranno amanti per 5 anni. Dietro i candelabri è la storia di questa stupefacente relazione amorosa – dal primo incontro in un teatro di Las Vegas all’amara separazione finale.
Il film nasce in modo quasi fortuito, da una improvvisazione di Michael Douglas che, lavorando con Steven Soderbergh sul set del film “Traffic”, interpreta una imitazione di Liberace, a tal punto impressionando il regista che questi comincia a coltivare l’idea di cavarne un film. Le ricerche di idee per il soggetto si sono concretizzate con la scoperta del libro “Dietro i candelabri”, in cui Scott Thorson narra la sua storia con l’istrionico pianista. Di qui è partito il lavoro del pluripremiato sceneggiatore Richard Lagravenese (premio Oscar per La Leggenda del Re Pescatore, oltre a film come L’uomo che sussurrava ai cavalli, I ponti di Madison County) per ricostruire la sofferta e nascosta vicenda amorosa di Liberace e Thorson.
Il film è stato girato tra Los Angeles, Palm Springs e Las Vegas, utilizzando al massimo materiali e luoghi autentici, dall’attico di Liberace a Los Angeles al palco e allo showroom del Las Vegas Hilton, dove Liberace ha tenuto molti dei suoi più famosi concerti.
Imponente l’apparato scenografico impiegato per il film, naturalmente adeguato all’eccesso visivo che caratterizzava le performance dell’artista, vero antesignano del kitsch di certe pop-star dei nostri tempi; lo scenografo Howard Cummings (Contagion, L’ombra del testimone, I Soliti Sospetti) ha ricostruito il mondo di Liberace dal 1977 al 1982 in 30 accuratissimi set, esistenti, simulati e riadattati per riportarli alle condizioni originali, mediante una vera e propria caccia al tesoro per recuperare gli oggetti di arredamento e gli effetti personali della star dalle collezioni private cui appartengono. Addirittura il palco del Las Vegas Hilton è stato riportato esattamente a come era quando Liberace suonava lì, togliendo le nuove sedute aggiunte negli anni, livellando il pavimento e riportando i tavoli nella stessa posizione di 30 anni fa. Di più, Cummings ha caratterizzato gli ambienti con l’uso ossessivo degli specchi, che richiamano concettualmente sia la vanità dell’artista, sia l’incapacità di comunicare con l’altro da sé, sia l’illusione dell’eternità della propria immagine.
Non meno minuzioso e sfavillante il lavoro della costumista Ellen Mirojnick (con Michael Douglas in Attrazione fatale, Wall Street, Black Rain- Pioggia Sporca, Basic Instinct, Spiriti nelle tenebre, Delitto perfetto): basti dire che sia Michael Douglas che Matt Damon hanno più di 60 cambi di abito durante il film e ciascun abito è fatto su misura.
Per creare un guardaroba così elaborato e complesso, Ellen Mirojnick ha lavorato a stretto contatto con alcuni dei più rinomati designer e orafi di Hollywood, riuscendo così a riprodurre nei minimi dettagli il rutilante guardaroba dell’artista, che giungeva a comprendere mantelli di pelliccia adorni di pietre scintillanti dal peso complessivo di 30 Kg. I costumi sono stati pensati, di concerto con Cummings, come ideale completamento dell’apparato scenografico, consentendo di creare un effetto visivo complessivo di perfetto accordo in ciascuna occasione, in ciò riproducendo la maniacale (e visionaria, a conti fatti) attenzione di Liberace per l’aspetto visivo della sua performance musicale.
Fin qui l’apparato; purtroppo, a questo imponente lavoro di decoro non corrisponde una sceneggiatura di adeguato spessore. Ci sembra che Lagravenese si sia limitato a sostenere l’idea iniziale con il semplice adattamento del libro di Thorson, senza voli pindarici ma nemmeno idee originali.
La storia d’amore tra i due segue un trito schema a parabola, dall’interesse iniziale allo stabilirsi del giovane drudo nell’habitat del vecchio artista riuscendo a far piazza pulita del suo entourage, per poi scivolare ai margini della vita di Liberace, sprofondando nella droga, per essere infine liquidato e sostituito da un altro amante. Di fatto, nel film non succede praticamente niente, e un importante atout che poteva essere giocato (il contrasto tra lo sfavillio dell’immagine di spettacolo e il complessivo inaridimento dei sentimenti di Liberace) viene disperso dalla frigida regia di Soderbergh, apparentemente più preoccupato di contemplare gli sfarzosi ambienti del set che non l’animo dei protagonisti.
Lo stesso (pur altrimenti eccellente) Douglas sembra prigioniero del suo ruolo di imitatore della stella kitsch: i suoi sforzi di rendere ogni particolare dell’aspetto esteriore di Liberace di fatto ne ingabbiano le potenzialità interpretative, limitando l’impatto del personaggio a quello di una somigliantissima, ma fissa istantanea. Migliori i risultati di Matt Damon, che interpreta con sufficiente naturalezza e intensità l’unico personaggio che nel film abbia una qualche evoluzione, dalla fascinazione iniziale per la sfavillante opportunità che gli si prospetta, alla gelosia per il nuovo amante di Liberace, all’abisso della droga, fino alla squallida esistenza da impiegatuccio. I due si ri-incontrano in quella che in definitiva è la scena migliore del film; Liberace giace sul letto di morte e Thorson va a trovarlo. Qui, deposti lustrini, parrucche e paillet, Douglas/Liberace ritorna attore e uomo sofferente, e finalmente un barlume di emozione si effonde sullo spettatore, fiaccato da due ore di riflessi di vuoto.
Titolo originale | Behind The Candelabra |
Regia | Steven Soderbergh |
Sceneggiatura | Richard Lagravenese |
Fotografia | Peter Andrews |
Montaggio | Mary Ann Bernard |
Scenografia | Howard Cummings |
Costumi | Ellen Mirojnick |
Musica | Marvin Hamlisch |
Cast | Michael Douglas, Matt Damon, Dan Aykroyd, Scott Bakula, Rob Lowe, Tom Papa, Paul Reiser, Debbie Reynolds |
Produzione | HBO Films |
Anno | 2013 |
Nazione | USA |
Genere | Drammatico |
Durata | 118' |
Distribuzione | 01 Distribution |
Uscita | 05 Dicembre 2013 |
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