Quando un attore di comprovata fama decide di passare dall’altra parte della cinepresa per i più si tratta di un azzardo; ma se a questo si aggiunge anche il tentativo di trasporre sullo schermo un romanzo che è valso al suo autore il premio Pulitzer, evidentemente il nostro attore ha tendenze suicide. O forse no? Ewan McGregor raccoglie la sfida che una simile impresa presenta e ne esce indenne – anzi, forse anche con le vestigia dell’eroe vittorioso.
Portare al cinema un romanzo come Pastorale Americana (1997), capolavoro del celebre autore statunitense Philip Roth, non è impresa da poco e sembra doveroso riconoscere all’attore – o regista? – scozzese il merito non solo di aver tentato, ma anche di essere riuscito in tale compito. Siamo nella patinata, bianca, luminosa, America dei primi anni ’60, quella di Rockwell, Audrey Hepburn e del grande “American Dream”. Seymour “lo Svedese” Levov è fin dal liceo motivo di orgoglio per tutta a comunità di Newark: giovane, bello, atletico, imbattibile, è l’eroe d’infanzia anche dello scrittore Nathan Zuckerman (ricorrente alter ego di Roth stesso). Ad una riunione di ex alunni, molti anni dopo, lo scrittore ripercorre pian piano la vita dello Svedese, convinto di trovarvi solo fasti: Seymour ha sposato un’ex reginetta di bellezza (Jennifer Connelly) e gestisce la fabbrica di guanti del padre. Una perfetta vita da cartolina. Ma il ’68 non lascia in pace nemmeno il nostro Svedese di Newark: una bomba fa saltare in aria l’ufficio postale della tranquilla cittadina e ad essere accusata del fatto è sua figlia Merry (Dakota Fanning). Fine di quella che sembrava essere la realizzazione del sogno americano: solo dolore e speranza accompagneranno Seymour attraverso gli anni, alla ricerca delle figlia, mentre attorno a lui l’America brucia, esplode, crolla sotto le bombe, il Vietnam e il Black Power. Non proprio quello che Nathan Zuckerman si era immaginato.
I temi affrontati dal romanzo di Roth sono tanti e complessi: in primis, l’enorme caduta del sogno americano vecchio stile, la cocente delusione, l’isteria di una generazione (o di una classe sociale?) privata delle sue illusioni nel modo più violento possibile, il dolore di un padre, la frustrazione di una madre e di una donna che si è fatta tarpare le ali, l’impossibilità di andare avanti e rimuovere ricordi luminosi, per quanto dolorosi possano risultare. Ewan McGregor non si lascia spaventare dalla mole di lavoro che lo attende e decide di abbracciare tutta l’opera di Roth in un film che non per questo annoia chi il libro lo conosce o lo venera.
In una malinconica ode a Seymour Levov, McGregor rifiuta qualsiasi pietismo superfluo, offrendoci un sistema di personaggi complessi che sullo schermo assumono un nuovo, sfolgorante, smalto. E’ il dramma dei Levov quello che ci accompagna, ma ci sentiamo anche autorizzati ad ampliare il tutto fino al livello del dramma nazionale, sociale, generazionale, secondo nostro gusto e con misura. I rischi quando si adatta per lo schermo un romanzo come quello di Roth possono essere, tra gli altri, due: realizzare un prodotto non convincente, distante o troppo melenso oppure confezionare un film anonimo e sciapo, che di difetti non ne ha, tranne la mancanza di un tocco di brio. American Pastoral li evita entrambi.
La star di Moulin Rouge dimostra di sapersi muovere dietro la cinepresa e fa sentire il suo tocco senza soffocare le parole di Roth o le brillanti interpretazioni del suo cast. Jennifer Connelly e Dakota Fanning ci regalano due interpretazioni straordinarie, a cui il neoregista presta tutta l’attenzione dovuta, quasi a proprio discapito. Ma tranquilli: anche lo Svedese di Ewan McGregor è notevole, seppur non così tanto “svedese” come ce lo aveva descritto Roth. In fondo, non si può avere tutto. Ci basta lasciare lasciare la sala provati e commossi, un po’ più Seymour Levov anche noi.
Ma quindi siamo davanti ad un capolavoro? No, ma ad un film valido e che senza troppi fronzoli dipinge un dramma umano complesso e non così scontato.
Titolo originale | id. |
Regia | Ewan McGregor |
Sceneggiatura | John Romano |
Fotografia | Martin Ruhe |
Montaggio | Melissa Kent |
Musica | Alexandre Desplat |
Cast | Ewan McGrego, Dakota Fanning, Jennifer Connelly, Rupert Evans, Valorie Curry, Uzo Aduba, Peter Riegert, David Strathairn |
Produzione | Lakeshore Entertainment |
Anno | 2016 |
Nazione | USA |
Genere | Drammatico |
Durata | 126' |
Distribuzione | Eagle Pictures |
Uscita | 20 Ottobre 2016 |
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