Ad Astra

La locandina

Fantascienza esistenziale tendente al distopico, “Ad Astra” è un film intenso, problematico, che rimane sospeso tra le sue due anime quella spettacolare e quella intellettuale, senza riuscire a fonderle. Qualche anno più tardi della nostra epoca strani fenomeni elettrici distruttivi provenienti dai confini del sistema solare mettono a repentaglio la vita nel pianeta. Un’astronauta, Roy Mc Bride (Brad Pitt) senza paura viene mandato in missione nello spazio per comprendere il fenomeno e cercare di risolverlo. Non sa che sta partendo alla ricerca del padre, partito per una missione misteriosa più di vent’anni fa.

Il titolo si rifa a un detto latino “per aspera ad astra” letteralmente: attraverso le asperità, fino alle stelle. E queste due fasi sono i motori del film: la ricerca affannosa e aspra di una verità difficile e la serenità senza luce, buia come l’universo che quella stessa verità ti può regalare. Sotto traccia la chiave di lettura psicoanalitica è sin troppo evidente e forse un po’ scontata.

Atmosfere di grande effetto, scene spaziali emozionanti, sobria e convincente prova attoriale di Pitt sono il punto di forza di “Ad astra” che invece risulta non risolto nella scrittura troppo ambiziosa (echi del Coppola di “Apocalisse Now” e del Kubrick del finale di “2001 Odissea nello spazio”) che rende poco fluida la narrazione.

Una nota interessante: si è scelto di non ricreare in studio i luoghi visitati da Roy a favore di location reali. L’ambiente lunare, per esempio sono le Dune di Dumont nel deserto del Mojave (California) mentre alcune sequenze sotterranee di Marte sono state girate all’interno di alcuni tunnel in disuso di Los Angeles.