A mano disarmata

La locandina

La storia della giornalista Federica Angeli di Repubblica sotto scorta per inchiesta sulla mafia a Ostia diventa un film. Attenzione non un docu film, metà realtà e metà finzione tanto in voga oggi: un film vero e proprio, con tanto di attori professionisti e solida sceneggiatura. Un fatto di cronaca ancora caldo, colto all’istante avrebbe potuto soffrire del confronto con la realtà descritta da una delle tante trasmissioni di approfondimento giornalistico. E invece non solo regge il confronto, ma addirittura lo supera. È molto più interessante, molto più comprensibile, molto più vissuto di una di quelle solite inchieste televisive ormai un po’ tutte uguali con il giornalista che cammina, la musichetta, la telecamera nascosta, il vox pop montato ad arte, le cifre snocciolate in crescendo, la domanda scottante, il mare, l’altalena che dondola senza nessuno sul seggiolino…

Insomma in “A mano disarmata” il quadro è completo, si capisce quello che succede, la vicenda è chiara nella sua drammatica ineluttabilità, quell’ineluttabilità che distingue qualunque fenomeno capiti all’interno della città di Roma.

Il merito principale va alla regia di Claudio Bonivento, efficace, dinamica ma composta (cioè si usa ma non si abusa della camera a mano), a suo modo anche espressiva nei colori e nella fotografia. Qualche scivolata retorica (una su tutte: la canzone esplicita di denuncia durante una panoramica sul mare e sulla spiaggia), che non inficia il complesso del risultato, riuscito e significativo.