Andy Wharol, Mirò, Oliviero Toscani, Jeff Koons, Keith Haring, Tom Hingston, Milo Manara, Banksy. Sono soltanto alcuni degli artisti autori delle oltre 230 copertine di vinili esposte a Palazzo dei Priori di Fermo dal 9 agosto al 3 novembre 2024 nella mostra “MUSICA DA GUARDARE. Copertine d’autore e vinili dal 1940 a oggi”, a cura di Alessandro Biocca. Questa suggestiva mostra tocca più generi musicali e regala una panoramica sulla storia della musica e dell’arte moderna e contemporanea dagli anni ’40 ad oggi, attraverso le copertine d’autore dei vinili e alcuni tra i suoi più grandi protagonisti. Dagli artisti della pop art e del surrealismo come Andy Warhol e Salvador Dalì ai grandi fotografi come Helmut Newton, Mapplethorpe, Ghirri e importanti disegnatori e fumettisti come Andrea Pazienza, Manara, Crepax, Zerocalcare fino all’arte psichedelica di Bob Pepper.
I vinili esposti sono una selezione scelta dalla vasta collezione privata di Alessandro Biocca, composta da oltre 8500 vinili, frutto di una meticolosa ricerca, raccolta e catalogazione condotte in oltre 35 anni. Una mostra che incanterà gli appassionati di musica e non solo, per il modo di comunicare libero, straordinario e a volte provocante di queste copertine, tra energia e fantasia.
La mostra è promossa dal Comune di Fermo e organizzata da Maggioli Cultura e Turismo. L’esposizione presenta un percorso artistico-musicale attraverso sette sezioni, riferite alle categorie della collezione di Alessandro Biocca: prime copertine, foto, grafica, disegno e fumetto, arte contemporanea, censurati, errori di stampa. Spiega il curatore e collezionista Alessandro Biocca: «La vera mancanza, che nessun dispositivo digitale potrà mai colmare, è quella che viene data dall’esperienza visiva. Quella regalata dalla copertina di un disco e che ha avuto il suo massimo picco nel periodo che va dal 1948 al 1982 ovvero, nella parabola che inizia quando l’LP è stato inventato e termina quando è stato presentato il primo Compact Disc. La New Wave è stato l’ultimo genere musicale a sfruttare il glorioso potenziale della tela quadrata di 31,43 cm del disco da 12 pollici».
Immancabili in mostra gli LP dei più grandi interpreti della musica italiana e internazionale: Lucio Dalla, Roberto Vecchioni, Fabrizio De Andrè, Beatles, Rolling Stones, David Bowie, Michael Jackson, Madonna, Miles Davis, Pink Floyd, Massive Attack, Queen, Patti Smith, Lady Gaga… La storia delle copertine dei vinili inizia nel 1939 con il 23enne Alex Steinweiss, assunto come direttore artistico dalla Columbia, la più antica azienda americana del settore musicale. Aveva l’incarico di disegnare opuscoli, manifesti e cataloghi; da subito si rese conto che la modalità “anonima” con la quale i dischi venivano confezionati era poco efficace ad essere notato, soprattutto perchè, all’epoca, venivano solitamente venduti nei negozi di elettrodomestici nel reparto dei fonografi e dei grammofoni. Alex Steinweiss, con non trascurabili difficoltà poste dall’aumento esponenziale dei costi di realizzazione di un disco, riuscì ad ottenere il via libera per la realizzazione di alcune copertine personalizzate, come l’album “Smash Hits By Rodgers & Hart” di Rodgers & Hart. Steinweiss non solo aveva inventato un genere, ma aveva aggiunto una dimensione completamente nuova all’esperienza dell’ascolto della musica registrata. Quella visiva. Invece di limitarsi a disegnare un semplice ritratto dell’artista, inoltre, utilizzò i simboli culturali e musicali legati al disco o alla vita e ai tempi del musicista.
«In una raccolta del 1947 di Boogie Woogie per esempio – racconta Alessandro Biocca – disegnò due grandi mani, una bianca e una nera, che insieme suonano un pianoforte e stanno a simboleggiare l’uguaglianza etnica. Un tema molto attuale nell’America di quegli anni. Inoltre, l’immagine di copertina che Steinweiss ha progettato per il Concerto per Pianoforte n°5 in Mi bemolle – L’imperatore di Beethoven nel 1941, è stata fonte d’ispirazione per Storm Thorgerson che nel 1973 ha realizzato la celebre copertina di “The Dark Side Of The Moon” dei Pink Floyd».
Dal 1943 al 1945 l’incarico di direttore artistico della Columbia fu coperto da Jim Flora il cui lavoro si contraddistinse per la fantasia. Eleganti musicisti volanti e strumenti sospesi nel vuoto su prospettive instabili sovvertivano le leggi della fisica. Neanche l’anatomia umana fu esente dalle sue reinterpretazioni, che davano ai disegni un tono comico e al contempo inquietante. Il suo posto, dal 1945 al 1953, fu affidato a Robert M. Jones che, per soddisfare l’enorme richiesta di cover, si avvalse anche di disegnatori esterni. Nel 1949, per la ristampa in LP di “A Program Of Mexican Music” di Carlos Chávez, incaricò il 21enne Andrew Warhola Jr., passato alla storia come Andy Warhol.
Sempre ad Alex Steinweiss, nel 1948, fu affidato l’incarico di progettare la confezione del nuovo ritrovato per l’ascolto della musica, il disco in vinile che, a differenza del 78 giri, aveva bisogno di una confezione che ne preservasse i solchi dai graffi inferti dalle buste in cartone pesante, usate fino a quel momento. Il suo progetto, solo con qualche piccola modifica, è ancora oggi lo standard nella confezione dei dischi in vinile.
Nel 1950 iniziò l’era delle copertine con fotografie e, pochi anni dopo, anche la pittura strizzò l’occhio alle cover per dischi. Gli artisti dei generi più disparati, da quel momento, si cimentano nelle artwork che, sempre più spesso assumono un ruolo paritario rispetto alla musica che accompagnano. Non semplice ornamento, ma completamento di un’opera. Immagini che a volte arrivano a stridere con il pensare comune, sia esso dettato da un credo religioso o politico, e in alcuni casi considerate minacciose a tal punto dal venire censurate, come le copertine di “The Wall” dei Pink Floyd o “Nevermind” dei Nirvana.
Una sezione della mostra è dedicata agli errori di stampa. Ovvero alcuni dischi che, seppur in quantità limitatissime e per inspiegabili motivazioni, sono entrati in commercio con delle clamorose sviste grafiche, che li hanno fatti diventare oggetti di culto e contesi da collezionisti di tutto il mondo, come la copia errata di “The Freewheelin’ Bob Dylan” di Bob Dylan e di “Crazy Little Thing Called Love” dei Queen.
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