«Toccare il fondo, l’essenza delle cose»: questo il filo conduttore della mostra che il Complesso del Vittoriano dedica a Giorgio Morandi. Senza allontanarsi dalla casa di Bologna o dalla villeggiatura di Grizzana, Morandi ricercava l’essenza attraverso una finestra aperta sul cortile, negli oggetti meticolosamente disposti sul tavolo, mediante la variazione di un punto di vista o di un raggio di luce appositamente schermato. Nelle sue opere silenziose si nascondono armonie sottili e profonde, che si compongono in modulazioni e rimodulazioni, figure rarefatte dai contorni incerti, sinfonie tonali fatte di gradazioni grigie, brune e rosate.
Nell’altissima ricerca formale e nell’intensità contemplativa, l’arte di Morandi è poesia di estrema purezza, che la mostra curata da Maria Cristina Bandera mette ben in luce, privilegiando un percorso per tecniche e soggetti rispetto ad un criterio strettamente cronologico. Si scoprono, così, le fitte tessiture di ombre delle acqueforti, la sintesi astratta dei disegni, l’evocazione misteriosa degli acquerelli. I fiori dal sapore antico, sospesi nel tempo; le conchiglie bizzarre ed enigmatiche; i paesaggi, spesso claustrofobici, senza presenza umana e senza cielo. Nelle celebri nature morte protagoniste del salone principale, brocche e bottiglie sono coperte di polvere e gesso per diventare altro: ciò che importa non è la loro funzione pratica, ma la loro trasfigurazione nella forma.
Le testimonianze epistolari e filmate approfondiscono la personalità dell’artista, schivo e riservato, e il suo rapporto con la critica. Cesare Brandi e Roberto Longhi avevano ben compreso come Giorgio Morandi parta sì dalla realtà delle piccole cose, ma senza nulla di “gozzaniano”: opera per permutazioni e sublimazioni, arrivando ad uno svuotamento del soggetto e ad uno straniamento del contenuto.
La mostra, attenta e completa, ha un’attitudine discreta che appare particolarmente adeguata per affrontare l’artista bolognese. Al termine del percorso, si comprende come anche la distinzione fra generi, prima ancora piuttosto netta, finisca per sfumarsi nella progressiva semplificazione di forme e colori: ecco che, negli ultimi anni, paesaggio e natura morta tendono sorprendentemente ad annullarsi, avvicinarsi, sovrapporsi. Rimane l’essenza.
Giorgio Morandi 1890-1964” al Complesso del Vittoriano dal 28 febbraio al 21 giugno 2015
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