Quando il cinema si vedeva al cinema si chiamavano Prossimamente. Ora si chiamano Trailer.
Sono la fortuna del film aldilà del valore del film stesso: se fatti bene valgono mezzo biglietto staccato. Per stabilire una scala di valori, invece di elaborati teorici, meglio essere empirici e prendere come riferimenti il meglio e il peggio degli ultimi anni.
Il meglio: il trailer di “Il cavaliere oscuro – Il ritorno”. Affascinante, misterioso, perfettamente montato su una musica incalzante senza descrivere troppo la storia (un errore costante è quello di raccontare la trama del film al punto da dare l’impressione di averlo già visto), si coglie l’ambizione di fare qualcosa di più di un fumettone; si percepiscono echi orwelliani e inquietudini esistenziali pur mantenendo viva e presente la cifra spettacolare.
Risultato: il target si allarga. Oltre ai fan abituali, si attirano spettatori non consoni al prodotto.
Il peggio: il trailer di “Le meraviglie”. Si comincia su una disquisizione sulla cacca.
Voluta – certo – sono dei bambini che ne parlano, naif, familiare ma pur sempre cacca. Poi in un’atmosfera un po’ arcadia, un po’ montanara (o campagnola), si percepisce l’esistenza di una famiglia felice. E da cosa verrà turbata questa felicità? Dalla televisione, sembra. Una bambina canta e vuole partecipare a un talent. E poi la terra, le api, lo strano linguaggio del padre, la bambina che canta una canzone pop che diventa la colonna sonora delle immagini. Un trailer decisamente, intellettualmente, anti attrattivo.
Risultato: il target si restringe. I fan abituali dei filmetti italiani con pretese artistiche storcono il naso di fronte alla sgradevolezza delle immagini e al tema già mille volte affrontato (televisione=modernità corruttrice), gli spettatori non consoni al prodotto saranno contenti di restare tali.
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