“Devil’s Knot”, un episodio di cronaca particolarmente efferato: tre bambini vengono uccisi in un bosco. La comunità è sconvolta, c’è bisogno dei colpevoli. E i colpevoli vengono trovati e condannati. Ma sono innocenti e allora le vittime diventano sei…
Assenza di ritmo, atmosfere sospese, recitazione sobria, regia distaccata, volutamente distaccata. Il fatto di cronaca si analizza tangenzialmente osservando con la lente dell’entomologo i comportamenti umani dei personaggi invischiati nella storia: i genitori, i ragazzi, lo sceriffo, la comunità e chi nella comunità non è omologato. Nessuna scena madre, nessun momento di tensione tipico del genere. Gli snodi narrativi avvengono non attraverso invenzioni di sceneggiatura, ma con semplici didascalie.
È la conferma di uno stile freddo, non attrattivo, atono e inquietante. Una costante del cinema di Atom Egoyan. Uno stile che nelle espressioni migliori come “Il dolce domani” suscita sgomento e inquietudine e in quelle peggiori come nel caso di “Devil’s knot” irritazione e indifferenza.
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