Un romanzo esemplare, scritto da uno dei più grandi autori europei di primo Novecento: Józef Teodor Konrad Korzeniowski, meglio noto come Joseph Conrad, un polacco che, in inglese, racconta una sorprendente storia francese. Di più: napoleonica. L’affresco di un mondo, quello della cavalleria e degli eserciti ottocenteschi, che a breve sarebbe stato spazzato via. L’introduzione di armi da fuoco a ripetizione e il super potere degli industriali nella gestione dei profitti di guerra avrebbero buttato all’aria antiche regole, l’etica militare e reso smisurati gli eccidi sui campi di battaglia. L’idea geniale su cui Conrad costruisce “The Duel” è che i due avversari non si fronteggiano sugli opposti versanti del campo di battaglia: sono ufficiali dello stesso esercito, la Grande Armée di Napoleone Bonaparte. Ussari, per l’esattezza. Per motivi ignoti – in realtà banalissimi, al punto da rasentare il ridicolo – inanellano sfide a duello che li accompagnano lungo le rispettive carriere, senza che nessuno sappia il perché di questo odio così profondo. E, proprio per il mistero che riescono a conservare, diventano famosissimi in tutto l’esercito napoleonico: non tanto e non solo per i meriti sui campi di battaglia di tutta Europa, quanto per la loro eroica fedeltà alla sfida reciproca, che li accompagnerà per vent’anni, fino al duello decisivo.

L’ombra e l’oscurità, intesi come luogo dell’anima prima che del mondo, sono caratteristici dell’opera di Joseph Conrad. Nei “Duellanti” il doppio è presente e ossessivamente incombente; D’Hubert, freddo e disincantato, si specchia e confronta con l’irruento, volgare e aggressivo Feraud. L’uno è un rimasuglio dell’Ancien Regime, a suo agio con la parrucca e il codino come con la coccarda napoleonica, perché in fin dei conti non crede a niente; l’altro è un rivoluzionario ardente, fedele all’Imperatore fino al sacrificio estremo, ostinato e acritico. D’Hubert è il “prima” e il “dopo”, Feraud il “durante” l’epopea napoleonica; il primo preesiste ed è destinato a sopravvivere, il secondo a bruciarsi come un’effimera fiammella. Nella loro opposizione, i due personaggi sembrano trovare però un incontro, assurdo nelle modalità quanto nelle cause scatenanti: un duello, puerile nell’avvio, ostinato nella prosecuzione, ossessionante nel suo proseguire per tutta la vita.

Dal romanzo di Conrad è stato tratto il film dello sfolgorante esordio di Ridley Scott nel 1977, con gli splendidi Keith Carradine e Harvey Keitel nei ruoli dei protagonisti: la riduzione teatrale come modi e tempi segue sostanzialmente la sceneggiatura di Vaughan-Hughes; la scenografia è scura ed essenziale, con le luci che isolano drammaticamente i personaggi nei momenti individuali e li fondono nelle scene di duello. I protagonisti, Alessio Boni e Marcello Prayer, risultano efficaci nella resa della psicologia dei personaggi, prestando anche una concreta fisicità nelle scene di duello; ottimo il comprimario Francesco Meoni. La regia dello stesso Boni presenta un buon controllo della scena, con equilibrio tra le parti attive e introspettive. Purtroppo, va detto, le atmosfere dilatate di Conrad non costituiscono propriamente un divertissement. Nonostante la durata limitata, molti nel pubblico lamentano la lentezza della piéce, limitando l’apprezzamento che pure gli artisti meriterebbero.

Titoloi duellanti
AutoreJoseph Conrad
AdattamentoAlessio Boni
RegiaAlessio Boni e Roberto Aldorasi
MusicheLuca d'Alberto
SceneMassimo Troncanetti
CostumiFrancesco Esposito, Daniele Gelsi
LuciGiuseppe Filipponio
InterpretiAlessio Boni, Marcello Prayer, Francesco Meoni, Federica Vecchio
Durata100'
ProduzioneGoldenart Production
Anno2016
GenereDrammatico
Applausi del pubblicoTimidi
In scenaal teatro Quirino dal 23 febbraio al 6 marzo 2016