Tutto è perso. L’American Dream, il grande sogno americano, non c’è più, è svanito. È una stampella alla quale il commesso viaggiatore Willy Loman si appoggia durante tutta la vita. Un’esistenza che si scopre presto essere a sua volta appesa a un’ideale di successo che mai però fu così lontano, proprio come il sogno americano. In “Morte di un commesso viaggiatore” Willy ha le fattezze di Elio De Capitani che dà forma anche alla regia, superba.
Il capolavoro di Arthur Miller, in scena al Teatro Argentina di Roma, è costruito con un susseguirsi di dissolvenze. L’ultimo giorno di vita del protagonista è raccontato nel suo svolgersi attraverso un’elegante alternanza tra sogno e realtà, ricordi del passato e vita presente, nel loro sfumarsi e toccarsi a vicenda. Vediamo sul palco ciò che agita la mente di Willy. Del resto il sottotitolo – Inside his head – è esplicativo. La regia si potrebbe definire cinematografica, nel senso più tecnico del termine: il montaggio serrato e fluido di scene che danno il ritmo alle storie. E qui la storia è tra le più famose e riprodotte nei diversi media, sia a teatro che su grande schermo. Così, però, come è stata pensata e srotolata sul palco da De Capitani, togliendosi dagli occhi “le tante e prestigiose edizioni precedenti” come egli stesso ha affermato, rinasce e rifiorisce quasi non fosse mai stata rappresentata.
Willy ha 63 anni, è il 1949. Una vita passata su e giù per l’America con una valigetta con dentro un campionario da vendere e sul viso un sorriso da sfoderare. Perché in realtà prima della merce Willy vende se stesso. La storia che racconta alla famiglia, a una sottomessa moglie Linda e ai due figli, mai cresciuti, Biff ed Happy, è innanzitutto una storia che racconta a se stesso. Non è mai stato il grande venditore che dice di essere e lo strazio della consapevolezza di un fallimento inarrestabile arriva gelido e impietoso dalla voce del primogenito Biff.
Il più grande dei figli è interpretato da Angelo Di Genio: convincente, emozionante, vulcanico. Nel tormentato rapporto di amore e odio con il padre, Biff è l’unico che cerca di dire la verità, è l’unico che si ribella a una vita fatta di bugie e di sogni a occhi aperti. Non lo fa la madre, una stralunata Cristina Crippa vinta e succube di un marito che la tratta male, che non la fa parlare e che lei ricambia con commossa devozione e verso il quale nutre un triste sentimento di pietà. Non lo fa il secondogenito, Happy, interpretato da Marco Bonadei, un modesto impiegato, donnaiolo e viveur, uomo profondamente insoddisfatto.
Ma dentro di sé Willy sa che per orgoglio ha rifiutato una grande occasione, di quelle che avrebbero potuto cambiare la sua vita e quella della famiglia. Un tormento che rivive sul palco sotto forma di fantasmi del passato che vengono a fargli visita, in una dimensione sospesa tra dormiveglia e delirio senescente. Il fantasma ha le fattezze di Ben (Gabriele Calindri), suo fratello maggiore, che più volte aveva cercato di coinvolgerlo a seguirlo nelle sue speculazioni milionarie in Alaska. È un po’ un fare i conti con le sottrazioni e, alla fine, trovare un’unica definitiva e tragica conclusione, questa volta senza menzogne: morire per aiutare definitivamente i familiari.
La compagnia sostiene la regia forte di De Capitani. Tutti gli attori regalano il meglio di sé sulla scenografia dinamica e onirica di Carlo Sala. “Morte di un commesso viaggiatore” è uno spettacolo da vedere e rivedere perché non stanca ma appassiona; perché commuove e fa divertire; perché alla fine in Willy Loman, purtroppo, c’è un po’ di ciascuno di noi. Nel bene e nel male.
Titolo | Morte di un commesso viaggiatore |
Autore | Arthur Miller con la traduzione di Masolino d’Amico |
Regia | Elio De Capitani |
Scene | Carlo Sala |
Costumi | Carlo Sala |
Suono | Giuseppe Marzoli |
Interpreti | Elio De Capitani, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Federico Vanni, Gabriele Calindri, Daniele Marmi, Vincenzo Zampa, Alice Redini, Vanessa Korn |
Durata | 185' |
Produzione | Teatro dell’Elfo |
Anno | 2014 |
Applausi del pubblico | Fragorosi |
In scena | Al Teatro Argentina fino al 20 dicembre 2015 |
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