Sono tornata in Sudamerica, dopo tanti anni. Ho respirato quell’aria, quell’atmosfera, quelle ferite ancora sanguinanti, ho ascoltato quelle voci e quei racconti che parlano di dittatura, vuelos de la muerte, desaparecidos, come ho fatto per tanto tempo durante il mio Servizio Civile Internazionale.

L’ho fatto stando a Roma, grazie alla visione di “Chiamatemi Francesco”, l’ultimo film di Daniele Luchetti. Si nota la mano di un bravo regista dietro questo film che racconta la vita di Jorge Mario Bergoglio, dagli anni della giovinezza fino alla nomina come Santo Padre nel 2013; un tema difficile da affrontare senza rischiare di cadere nel prevedibile stereotipo del “santo subito”.

Fare un film su un Papa, per lo più vivente, non è impresa facile. Così regista e produzione partono per un lungo viaggio in Argentina durato 15 settimane, per ripercorrere in prima persona quei luoghi che hanno visto Bergoglio crescere, sognare, scegliere. Durante questo viaggio hanno incontrato tantissime persone e ascoltato molte testimonianze, “praticamente non esiste argentino che non abbia qualche aneddoto da raccontare su Bergoglio”, quindi la scrematura diventa d’obbligo, come sottolinea lo stesso regista.

Il personaggio di Bergoglio, interpretato dai bravissimi Rodrigo de la Serna (I diari della Motocicletta) e dal cileno Sergio Hernandez, lontano dall’essere un santino stigmatizzato, in questo film respira, ride e si preoccupa per l’uomo che è: un personaggio a tutto tondo, profondamente argentino. Beve il mate e balla il tango, ha un rapporto strettissimo con la nonna di origine italiana; come gli argentini è dotato di facile umorismo ed è il prodotto di una storia recentissima e dolorosissima, da cui non può prescindere.

Il film parte con la scena del futuro Papa, pensieroso, affacciato su Roma, che ripercorre la sua vita durante la notte che precede il Conclave, e si chiede, semplicemente, se mai potrà tornare nel suo amato paese. Si chiuderà con la scena della prima apparizione dell’attuale Papa in pubblico, e con il suo inaspettato “chiamatemi-francesco-posterBuonasera” dall’umanità disarmante. In mezzo c’è l’uomo, che studia chimica, si innamora, è peronista. Decide poi di entrare nell’Ordine dei Gesuiti e comincia un duro percorso di obbedienza. Sarebbe voluto partire come missionario in Giappone, è invece costretto a rimanere in Argentina per volontà dei suoi superiori. Ed è proprio durante gli spietati anni di una delle dittature più violente della storia, quella del Generale Videla, che Bergoglio crescerà come uomo. Alternando un profondo senso di giustizia e uguaglianza sociale, figlio della Teoria della Liberazione, alla necessaria arte diplomatica da perfetto gesuita.

Nella morsa della dittatura Jorge perderà la sua cara professoressa di chimica e fedele amica, Esther Ballestrino (Mercedes Moran) strappata con brutalità e desaparecida come tanti altri argentini, nasconderà dei seminaristi ricercati, si guarderà attorno mentre serpeggia tra i cittadini la teoria del “por algo serà”, si arrabbierà difronte ai soprusi e si addolorerà per non riuscire a fare di più, esponendosi in prima persona. Si sporcherà le mani con la gente delle villas miserias, confrontandosi con gli ultimi e i loro problemi nel suo stesso paese, una delle esperienze più dure che un missionario possa fare.

La bellezza di questo film risiede nella verità storica con cui è raccontato, e in questo personaggio, profondamente reale ed umano, che ci fa sorridere e pensare, che avrebbe potuto forse fare di più o alzare più forte la propria voce. È un uomo e la sua umanità è sacra e va profondamente rispettata. Guardiamo questo film e pensiamo che si, il Papa Francesco che conosciamo, grande catalizzatore di energie, non può che essere figlio di questa storia, cittadino di questo straordinario paese. L’Argentina è un paese di volti reali, problemi, paesaggi ed energie non stereotipate e ancora tanto vive per chi sappia guardare al di là del tango, del Caminito e delle crisi economiche.

Il film, che risponde ad una imponente operazione commerciale di Mediaset, è stato presentato in anteprima in Vaticano per 7000 fedeli il 1 Dicembre, ed ha già riscosso l’approvazione del cerimoniere del Papa, Don Karcher. A partire dal 3 Dicembre, in coincidenza con l’apertura dell’Anno Santo, uscirà nelle sale con 400 copie, per essere poi distribuito in più di 40 paesi (mentre una copia è già in viaggio verso la Casa Bianca!). L’adattamento per la televisione sarà una serie da 4 puntate, in onda fra un anno e mezzo.

Bravo Luchetti cheancora una volta ha saputo conferire al suo lavoro spessore politico e sociale, facendone “non un film religioso ma un film che racconta un personaggio che crede”.

Una operazione commerciale dal volto umano.

Titolo originaleid.
RegiaDaniele Lucchetti
SceneggiaturaDaniele Luchetti, Martin Salinas, Piero Balzoni, Luisa Cotta Ramosino, Paolo Marchesini
FotografiaClaudio Collepiccolo, Ivan Casalgrandi
MontaggioMirco Garone, Francesco Garrone
ScenografiaMercedes Alfonsin, Luana Raso
CostumiMarina Roberti
MusicaArturo Cardelus
CastRodrigo De La Serna, Sergio Hernández, Muriel Santa Ana, JoséÁngel Egido, Mercedes Moran, Alex Brendemhul, Pompeyo Audivert, Paula Baldini
ProduzioneTaodue Film
Anno2015
NazioneItalia
GenereDrammatico
Durata98'
DistribuzioneMedusa Film
Uscita03 Dicembre 2015