Iraq. Il dito è sul grilletto. Nel mirino un bambino. Un cecchino americano ha una frazione di secondo per decidere se deve sparare o no. In quella frazione di secondo il tempo si dilata: la guerra, il deserto, la sua famiglia, i suoi figli, la sua vita, l’America, la guerra, la pace. Se preme il grilletto uccide un bambino, se non lo preme il bambino si farà esplodere provocando decine di vittime. Il bambino corre, la gente urla, la musica cresce, primo piano del dito. L’immagine va a nero.
È il trailer di “American Sniper”. Un trailer perfetto. Azione, suspence, flash back, tensione etica. Un triplo concentrato del cinema di Clint eastwood, da “Mystic River” a “Grand Torino”. Un piccolo gioello di montaggio sintetico. Impossibile resistere dopo averlo visto. È il motivo del successo commerciale di un film non riuscito, piatto espressivamente (a parte la sequenza della battaglia, combattuta durante una tempesta di sabbia), monocorde nella narrazione, partigiano nei contenuti.
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