In America li chiamano Sound Designer, in Italia sono conosciuti come “rumoristi”. Il loro compito è riempire l’immagine di suoni, rumori, effetti sonori. Non tutto quanto sentiamo sullo schermo è registrato direttamente sul set (in presa diretta). Il fonico di presa diretta si occupa principalmente di registrare i dialoghi degli attori attraverso radiomicrofoni o aste. Ma i cigolii di porte, il vento che soffia tra gli alberi, il rumore di tacchi sul pavimento sono suoni che vengono aggiunti in fase di post-produzione.

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La tigre e la neve di Roberto Benigni (2005)

Il lavoro del rumorista si divide in tre parti: la ricostruzione del film, ovvero di ciò che si sta vedendo sullo schermo; la ricostruzione dell’ambiente (aria, pioggia, vento) e degli effetti speciali (sparatorie, esplosioni, terremoti); la sala, ovvero tutto ciò che è attinente al personaggio (passi, fruscio dei vestiti, movimento di oggetti). Per fare questo si avvalgono di un sofisticato software (Pro-Tools), una banca dati composta da una moltitudine di tipologie diverse di suoni – cinguettii di uccelli, traffici automobilistici, passaggi aerei, venti, piogge, temporali – ed una sensibilità auditiva non comune. E se il film richiede un suono particolare, ecco il rumorista predisporsi di sensibilissimi microfoni, potenti registratori e una grande dose di pazienza, trasformandosi in accanito acchiappa-suoni per le strade della città. “Se in un film c’è il passaggio di una Ferrari, noi dobbiamo andare a registrare una Ferrari.” Cosi ci racconta Federico Amodio, 30 anni, rumorista e collaboratore per Pupi Avati (La seconda notte di nozze, La cena per farli conoscere), Roberto Benigni (La tigre e la neve) e Dario Argento (Ti piace Hitchcock?, Il cartaio, La terza madre).

Come sei arrivato a fare il rumorista?
Tramite un amico di mio padre che fa questo mestiere da tanto tempo e fortunatamente mi ha preso ed insegnato il mestiere. Io avevo studiato musica in precedenza ed in qualche modo questo mi ha aiutato nel mio lavoro.

In quanti siete che lavorate sugli effetti sonori?
In America in alcuni film si dividono il compito. C’è chi si specializza nel rumore di spade, chi di cavalli, chi di passi. In Italia la stessa persona fa tutto.

In base a quale criterio inserisci un suono rispetto ad un altro?
A mio gusto. La discrezionalità è l’elemento che differenzia i bravi dai meno bravi. In seguito il regista controlla il lavoro approvandolo o chiedendo modifiche.

Qual è il genere cinematografico più divertente e creativo di cui ti sei occupato?
Il più creativo è il cartone animato. È esilarante, perché ti diverti come un pazzo a cercare i suoni. Prendi un suono comune, lo modifichi sino a trasformarlo in qualcosa di completamente diverso e lo applichi fuori contesto, per caratterizzare un personaggio, per esempio.

I suoni più curiosi in cui ti sei cimentato?
La coltellata, per esempio. Per ricreare il suono della lama nella carne abbiamo bagnato del cotone e manipolato, mosso, strizzato vicino al microfono. Per la rottura di un osso usiamo il finocchio o la coccia del cocomero.
Il cinema è finzione, per cui posso prendere un qualcosa di assolutamente diverso e lontano dall’originale; l’importante è che allo spettatore arrivi la sensazione di ciò che sta vedendo sullo schermo.

Ci sono anche suoni realizzati al computer?
Raramente. Alcune volte usiamo effetti musicali definiti “tensioni”, che servono a dare atmosfera alla scena. Io avendo fatto il musicista inserisco queste tensioni, poi spetterà al regista decidere se lasciarli o sostituirli con quelli creati dal musicista del film. Io offro al regista una serie di alternative che poi deciderà se utilizzare o meno.

Quanto tempo impieghi a mixare un film?
Dipende molto dalla sua complessità. Per una scena di tre minuti ci siamo stati anche un giorno e mezzo. C’erano cavalli, spade, combattimenti e via discorrendo. Abbiamo comunque tempi stretti. In America, con altri budget naturalmente, ci puoi stare anche un anno su un film (vedi Troy). Qui da noi tre/quattro settimane al massimo.

Quale dei registi con cui hai lavorato era il più attento o pignolo sugli aspetti sonori?

La terza madre di Dario Argento (2007)

La terza madre di Dario Argento (2007)

Dario Argento sicuramente, anche per il genere di film che realizza.

Come si diventa rumoristi?
Ci sono delle scuole che non insegnano il montaggio, ma come viene costruito un suono, la scelta dei riverberi per esempio. E’ uno di quei mestieri che si impara con la gavetta. Avendo poi studiato musica ed avendo suonato, questo probabilmente mi ha aiutato molto. Oggi è anche molto facilitato, perché un tempo non c’era il computer per cui lavoravano in diretta con delle pizze piene di suoni che inserivano al volo. Con i nastri magnetici se sbagliavi ricominciavi tutto dall’inizio. Oggi puoi azzardare molto di più, metterci pesantemente il tuo gusto, che poi ovviamente viene visionato dal regista. Ma contribuisci a creare una base.
Quello che senti al cinema è quello che io ho voluto farti sentire. Lo stato delle sale penalizza un po’ il nostro lavoro perchè l’impianto audio non sempre è all’altezza. In DVD invece il suono è m olto vicino a quello a cui avevamo pensato e realizzato originariamente. È un mestiere questo che devi amare perché è facile perdere l’entusiasmo. Ma se lo ami, le soddisfazioni sono enormi.
In fin dei conti sei tu che decidi cosa fare o non fare ascoltare di quel film agli spettatori di tutto il mondo.