Alice e il sindaco

“Platone è meglio del prozac“! Come nell’omonimo libro di Lou Marinoff (Edizioni Pickwick, 2019, Euro 10,90), la pensa allo stesso modo Paul Théraneau, Sindaco di Lione in crisi di idee, quelle che una volta riusciva a generare in quantità industriale e che oggi, a metà del proprio mandato non riesce più a coltivare. Sedute dallo psicanalista, suggeriscono membri del suo staff! Assunzione di un’insegnante di filosofia – Alice – con cui confrontarsi, replica lui.

Su questo incontro/scontro che segue i canoni noti del genere, una diffidenza iniziale che dopo un periodo di reciproca conoscenza si trasforma in stima ed amicizia, si poggia il nucleo centrale di questo film impalpabile e incompiuto, che punta forte se non tutto sui due attori protagonisti, un misurato Fabrice Luchini ed una sobria Anaïs Demoustier nel ruolo della giovane insegnante di filosofia, che getta uno sguardo nuovo sul mondo della politica da cui viene travolta  e svuotata.

Ed è proprio il senso di vuoto, di disillusione rasente la depressione, che attanaglia i personaggi ad emergere maggiormente, mentre la regia di Nicolas Pariser congela in un ritmo narrativo sempre uguale a se stesso il ritmo diegetico interno al racconto, anche quando quest’ultimo tenta di cambiare marcia con l’incalzante e travolgente accavallarsi di mansioni e responsabilità che vengono affidate ad una sempre più spaesata e perplessa Alice.

Ne viene fuori un film senza una vero e proprio climax emotivo, che finisce per soffocare all’interno di un fiume avvolgente di parole che anestetizza azione e protagonisti. Soporifero.