Pinocchio

La locandina

Difficile maneggiare una fiaba “scottante” come “Pinocchio“. In genere chi lo ha fatto ne è rimasto quasi sempre scottato. Lo sa bene Roberto Benigni, che nel 2002 ha tentato l’impossibile interpretando lui stesso il celebre burattino. Oggi ci riprova Matteo Garrone, che dirige l’adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Carlo Collodi (1881) e sceglie proprio Benigni, ma per il ruolo di Geppetto.

La parte del burattino che sogna di diventare bambino in carne e ossa è affidata al piccolo Federico Ielapi che ben si adatta al trucco ed esprime con intensità degli occhi le emozioni. I comprimari sono tutti degni di nota: da Gigi Proietti che fa Mangiafuoco, a Marcello Fonte, protagonista di “Dogman” che fa Pappagallo, passando per Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini (coautore della sceneggiatura/adattamento) che interpretano senza sgarri il Gatto e la Volpe.

Tutto bello, tutto ben fatto e curato, dal trucco e gli effetti visivi, il primo affidato al designer Mark Coulier, i secondi a One of Us e Chromatica; su tutti però svettano i costumi e la fotografia. Eppure si sente che manca qualcosa. Forse con “Il racconto dei racconti” Garrone aveva toccato fiabe poco note e quindi godibili senza prevenzioni. Qui si tende ad osservare con troppo distacco, perdendo probabilmente il senso poetico della fiaba di Collodi. Ai bambini l’ardua sentenza.