Il grande merito è ontologico alla rappresentazione: portare in scena “Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov, il più grande romanzo del 900 (mi scusino i proustiani, tra i quali mi includo) è di per sé l’evento teatrale dell’anno. Sentire gli applausi finali di un pubblico più che estasiato, rapito dal magma magico del testo, riconcilia in un colpo solo col teatro, con la letteratura, col mondo. Quasi tre ore intense, che lo spettatore del teatro Eliseo di Roma dopo l’iniziale ambientamento vive quasi in ‘trance’, sospeso tra le linee narrative che si incrociano e che, non dando punti di riferimento, attivano all’unisono i vari piani del sentimento umano: l’amore, la paura, l’angoscia, l’ironia, la spiritualità, il senso di giustizia, il potere, il sogno, la morte, il desiderio, la pace, la vita.

Una scena

A questo punto i bravi recensori descrivono la trama (di solito copiandola dal comunicato stampa) per far comprendere al lettore di cosa si stia parlando. Beh, Il Maestro e Margherita non ha trama e anche se l’avesse, potrei solo dire: leggetelo. E rileggetelo! (Nabokov nelle sue “Lezioni di letteratura” (Adelphi 2018) sostiene che un libro per cominciare a capirlo bisogna leggerlo almeno tre volte).

 Ora possiamo parlare dello spettacolo nel suo specifico: cioè della sua messa in scena.

È chiaro, vista l’entità e la lunghezza del testo, bisognava per forza tagliare qualche parte e quindi, pur con dolore, bisogna accettare la scelta inevitabilmente arbitraria dell’adattamento a cura di Letizia Russo (anche se il gatto meritava più attenzione). L’ idea del regista Andrea Baracco sin dalla scelta della scenografia, pannelli neri dai quali entrare e uscire, è quello del sabba, cioè una sorta di crescendo demoniaco dove la realtà diventa solo un orpello di quel grande rito satanico che è la vita in tutte le sue sfaccettature. E cosi abbiamo dei caratteri ben delineati: Il maestro scrittore incompreso, Margherita la donna che ama, Pilato più amletico di Amleto, il diavolo Voland grande regista, più potente di Dio. 

Una visione così schematica però sacrifica il talento espressivo degli attori. Per esempio Margherita (Federica Rosellini) è talmente lineare nell’interpretazione da risultare esteriore, ama quando deve amare, piange quando deve piangere, come se mancasse del vissuto interiore che consente le sfumature e i mezzi toni. Anche Voland (Michele Riondino) pur essendo credibilissimo nella sua maschera infernale, risulta troppo unidimensionale per le mille facce con cui si palesa il diavolo.

Ed è proprio sul diavolo che secondo me si gioca tutta l’opera ed è questo l’altro aspetto sul quale la regia, a mio modo di vedere, non entra tra le pieghe del testo. Voland è Satana, cioè il male per definizione. Eppure questo diavolo cosa fa durante tutto il romanzo? Svela l’ipocrisia del mondo e punisce inesorabilmente tutti i ladri, profittatori, corrotti, grassatori, stupratori e traditori che infestano la vita sulla terra. E ne premia soltanto due: il Maestro e Margherita, gli unici a essere puri (cioè non speculativi). E come li premia, cioè come riesce a farli stare insieme per sempre? Li fa morire, ovvero li toglie da quel mondo governato dal maligno che è la vita nel pianeta terra. Vale a dire Satana si comporta come immaginiamo si comporterebbe Dio, se esistesse.

Naturalmente è solo una delle mille possibili chiavi di lettura del Maestro e Margherita, ma che contiene in sé la luce della poetica di Bulgakov: la complessità, la profondità, la multidimesionalità e la leggerezza.

Insomma, piccole, personalissime note critiche per un’operazione culturale nel complesso meritoria e per certi versi straordianaria.

TitoloIl Maestro e Margherita
AutoreMichail Bulgakov
AdattamentoLetizia Russo
RegiaAndrea Baracco
MusicheGiacomo Vezzani
SceneMarta Crisolini Malatesta
CostumiMarta Crisolini Malatesta
LuciSimone De Angelis
InterpretiMichele Riondino, Francesco Bonomo, Federica Rossellini, Giordano Agrusta, Carolina Balucani, Caterina Fiocchetti, Michele Nani, Alessandro Pezzali, Francesco Bolo Rossini, Diego Sepe, Oskar Winiarski
Durata160'
ProduzioneTEATRO STABILE DELL'UMBRIA con il contributo speciale della Brunello Cucinelli Spa in occasione dei 40 anni di attività dell’impresa
Generedrammatico
Applausi del pubblicoFragorosi
In scenaTeatro Eliseo, da martedì 22 gennaio a domenica 3 febbraio 2019